INTERVISTA A DON GILDO SUL LIBRO DI UMBERTO DI STILO

Don Gildo Albanese

Don Gildo Albanese

La Storia serve a farci capire da dove veniamo, cosa abbiamo alle nostre spalle: è la radice che ci rende saldi nel nostro cammino e ci fa sentire a casa, anche se ci troviamo dall’altro lato del mondo. In particolare poi, la Storia del nostro ambiente, dei “nostri” luoghi, che si inserisce nella nostra vita come parte fondamentale della nostra identità, e dobbiamo ringraziare chi, con il suo lavoro, contribuisce ad arricchire questo patrimonio.

Con l’ultimo suo libro “Una Chiesa, una Parrocchia – Il secolare culto di Maria SS. della Montagna a Galatro”, Umberto di Stilo, oltre a far conoscere dei documenti nascosti per tanto tempo in archivi polverosi, ha saputo raccontarci, in tutte le sue vicende storiche e personali, la storia della Chiesa della Montagna, dalla sua nascita fino ai giorni nostri, presentandocela come realtà sempre vitale e pulsante. L’Autore, da studioso fine e appassionato, ha ben ormonizzato tutti i documenti che ha trovato negli archivi vicini e lontani, senza tralasciare il senso e il “succo” di questi documenti; pertanto, ne restano affascinati sia gli estimatori appassionati della storia e delle nostre tradizioni, sia i lettori che vogliono solo conoscere la storia della nostra Chiesa.

Copertina del libro di Umberto Di Stilo

Copertina del libro di Umberto Di Stilo

Questo libro si presenta come una lucida e accurata analisti storica sulla Chiesa della Montagna di Galatro, con particolare attenzione agli aspetti, non solo religiosi, che per secoli hanno scandito i momenti più significativi della vita delle persone e del nostro paese, racchiudendo in se un patrimonio di notizie preziose: dall’elenco dei parroci che si sono succeduti, dalla fondazione fino ai nostri giorni, alla rievocazione delle cerimonie e degli antichi edifici sacri del nostro territorio… e non mancano di certo le curiosità, come ad esempio le antiche rivalità campanilistiche che, per lungo tempo, hanno visto contrapposte tante famiglie di Galatro e conseguentemente i due rioni storici.

Oggi, grazie a Dio, i tempi sono cambiati, anche per il lavoro dei parroci che hanno guidato la Chiesa di Galatro, fino ad arrivare alla unificazione delle due Parrocchie. Con don Gildo Albanese ho avuto modo, nelle scorse settimane, di discutere sulle riforme (rivoluzionarie per quel tempo) che hanno rappresentato l’inizio di un cammino di comunione che ha portato all’unificazione delle due parrocchie. E parlando della sua presenza a Galatro come parroco della Chiesa della Montagna per più di 12 anni, è venuta fuori una sua bella e spontanea testimonianza anche sul contenuto del libro di Umberto di Stilo.

  • L’ultimo libro di Umberto di Stilo, “Una Chiesa, una Parrocchia. Il secolare culto di Maria SS. della Montagna a Galatro”, racconta proprio la storia della “vostra” parrocchia: 400 pagine che vi toccano da vicino. Che cosa avete provato nel leggere un libro che, in buona parte delle sue pagine, inserisce anche il vostro servizio sacerdotale, che rappresenta una pagina di storia non trascurabile della vita della Parrocchia della Montagna di Galatro?

004Prima di tutto ho provato semplicemente emozione, ma come ho avuto modo di affermare precedentemente, questo libro è avvincente perché coinvolge il lettore in tutto lo scorrere della storia della Parrocchia di Maria SS. della Montagna e ha un particolare pregio, quello di rendere presente il lettore nel tempo in cui gli avvenimenti si sono svolti. Sapevo di come con quanto amore ed entusiasmo Umberto di Stilo stava portando avanti questo lavoro anche perché ho avuto modo di trasmettergli del materiale a cui ha attinto.

In secondo, poiché ci sono dentro, il mio atteggiamento è quello di rendimento di grazie al Signore perché a distanza ormai di più di un quarto di secolo mi rendo perfettamente conto che quello che è stato realizzato nella Parrocchia non è opera di un solo uomo ma di una comunità che, se vuoi, si è lasciata coinvolgere dal mio entusiasmo giovanile e dalla voglia di concretizzare gli insegnamenti del Concilio Vat. II, ma in tutto questo non dobbiamo dimenticare che il protagonista è il Signore e noi siamo solamente strumenti nelle sue mani.

  • Nel suo libro Umberto di Stilo riesce a passare, con esaustivo excursus su vicende legate alla storia della Chiesa di Galatro, ancora oggi rimaste controverse, anche perché, fino ad ora, erano basate su informazioni date superficialmente per “scontate”. Cosa vi ha colpito maggiormente nel libro sulla storia della Chiesa della Montagna, alla luce di quanto avete avuto modo di vivere direttamente, per oltre 12 anni, come Parroco di quella Chiesa?
L'altare della chiesa della Montagna come si presentava nei primi anni '50

L’altare della chiesa della Montagna come si presentava nei primi anni ’50

Edificare una comunità non è facile per nessuno, soprattutto quando ti trovi a che fare con persone il cui modo di pensare era ancorato a determinati principi di tradizione. Debbo dire che il lavoro di semina è stato paziente, costante e con molta gradualità. In tutti i miei anni di Galatro ho potuto sperimentare la fede di questo popolo attaccato a Gesù Cristo e alla Chiesa, che ha saputo con sofferenza e coraggio adeguare la sua visione di Chiesa al novum per implantare una Chiesa conciliare. Nonostante le apparenze, per me questo è il lato più forte che ho riscontrato nella mia Parrocchia di allora, l’intelligenza di sapere accogliere e accettare la Chiesa così come veniva proposta loro. Certamente in questo lavoro io sono stato aiutato da un mio predecessore, Don Antonio Teti, Parroco negli anni trenta del secolo scorso che a quel tempo ha saputo portare una ventata di novità soprattutto con la formazione cristiana dei giovani che lo hanno seguito entusiasticamente perché era un prete che credeva. Quei giovani di allora erano gli adulti del mio tempo a cui debbo molta gratitudine perché ricordandosi dei cambiamenti pastorali in parrocchia nella loro gioventù mi hanno dato una grossa, invisibile, mano di aiuto, in questo la famiglia è stata determinante. Narrare esperienze del passato deve aiutarci a capire che se vuoi costruire il presente devi avere la memoria del passato e lo sguardo rivolto verso il futuro.

  • Questo libro è un contributo e un servizio alla conoscenza della storia locale, all’interno della quale i fatti legati alla Chiesa della Montagna hanno avuto delle lunghe e contrastate vicende, che vale la pena, grazie al lavoro del prof. Umberto di Stilo, scoprire e conoscere. Quale insegnamento, secondo voi, viene fuori dalla lettura di questo documentato e minuzioso libro, che pur narrando vicende, talvolta dolorose della vita della Chiesa locale di tanti anni addietro, lo rende attuale per la vita della Chiesa dei nostri giorni?

Quando si lavora nella e per la Chiesa il punto di riferimento è Gesù Cristo. In Lui dobbiamo saper leggere la nostra vita. Nella Sua vita niente è stato secondo la visione mondana, anzi Gesù Cristo ci ha insegnato, dandoci l’esempio, che bisogna piacere più a Dio che agli uomini. Questo vale per ieri come per oggi. È chiaro che quando si lavora per il Vangelo incontri la croce che devi saper assumere come parametro, ma incontri anche la gioia. A Galatro ho avuto gioie e dolori, le gioie hanno superato di gran lunga i dolori. Quello che ho voluto mettere come prioritario nel mio servizio a Galatro è che non bisogna lavorare mai per se stesso, per essere autoreferenziale e questo, mi sembra emerge da tutto quanto scrive il Prof. di Stilo; guai a lavorare per apparire simpatici e consenzienti, ti ritroveresti alla fine con molti applausi ma con in mano un pugno di mosche!

  • Lapide nella chiesa che ricorda la sepoltura di Caterina Defelice Protopapa vedova Barone

    Lapide nella chiesa che ricorda la sepoltura di Caterina Defelice Protopapa vedova Barone

    Dal libro di Umberto di Stilo emerge la grande importanza di conoscere le pagine di storia che hanno segnato la vita delle nostre piccole comunità, e in questo senso non possiamo non intendere la storia della nostra Chiesa come elemento inscindibile della storia e cultura di Galatro. La nostra realtà parrocchiale così come raccontata nel libro è l’insieme di un certo tipo di fede, di spiritualità (talvolta portata all’esasperazione fino a generare conflitti tra le due fazioni del paese), di tutta una concezione della vita, maturata e cresciuta intorno alla Chiesa dove la nostra gente si è sempre riconosciuta. Oggi, possiamo dire che è ancora così, oppure c’è stato un progressivo allontanamento della Chiesa dalla gente… o della gente dalla Chiesa?

008È proprio vero perché non basta conoscere la grande storia, è necessario conoscere quella storia fatta di piccoli e a volte insignificanti avvenimenti che appartengono a tutte le persone e a tutte le comunità. Se posso fare una digressione, penso che l’insegnamento della storia nelle scuole non debba assolutamente ignorare la storia locale; personalmente ho incominciato a interessarmi della storia del nostro territorio da adulto perché ne sentivo la necessità e perché la scuola mi ha fatto imparare quella nazionale e continentale secondo una visione distorta e non mi ha aperto alla conoscenza della storia del mio territorio sulla quale ci siamo formati senza conoscerla. Perché il libro del Prof. Di Stilo non viene proposto agli alunni delle nostre scuole per conoscere il loro passato? Circa la seconda parte della domanda a mio parere non c’è tanta differenza tra ieri e oggi nel rapporto dell’uomo con la fede, io vedo l’uomo come “religiosus” e mi riesce difficile concepirlo diversamente perché la religione ha in sé il concetto dell’alterità, apre ad un “Tu Altro” e ad un “tu” simile a te. La differenza sta nel modo di vivere questa dimensione umana, ieri aveva più il senso dell’emotività e del sentimento, oggi ha più il senso della scelta personale e pensata.

  • Questo libro può ben essere definito come una grande “opera omnia”, che raccoglie in maniera completa e documentata le vicende legate alla chiesa della Madonna della Montagna: dalla richiesta di costruzione di una nuova Chiesa, alla realizzazione della Statua, all’acquisto delle corone, fino ad arrivare ai momenti più importanti della tradizione: i pellegrinaggi alla Cona. La preparazione della festa per il 25° dell’incoronazione del 1981 è stata un grande evento, che vi ha visto partecipare come parroco della Chiesa della Montagna. Ricordo bene quel momento e penso che, forse, sia stato uno dei gesti più intensi, almeno a livello d’impegno e preparazione dei fedeli, della vostra presenza a Galatro. Come ricordate oggi, a distanza di più di 30 anni, quel momento?

007Certamente! Perché la Chiesa, come affermava S. Giovanni XXIII, è come la fontana del villaggio a cui tutti vanno ad attingere e tutti disseta, sia quelli che hanno grande sete, sia quelli che ne hanno poca; a seconda del tempo c’è una diversità di accostarsi. Riguardo agli eventi a cui hai accennato, mi fermo a quelli che mi hanno visto protagonista. I pellegrinaggi alla Cona e il Giubileo parrocchiale del 1981 per fare memoria del 25° dell’incoronazione.

Per la formazione pastorale che ho ricevuto in Seminario nella mia vita di pastore, non ho seguito l’improvvisazione o altre motivazioni se non quelle che servivano per far crescere il mio popolo nella fede e nell’incontro con Cristo, per cui tutte le scelte pastorali come quelle sopra accennate, erano dentro un programma nel quale mi sforzavo, con molta pazienza, di coinvolgere la partecipazione della comunità. Alla prima del 1974, che per me era un’esperienza nuova, ne seguirono altre ma tutte in rapporto ad un cammino pastorale della Parrocchia, se ben ricordo una in occasione della Prima Comunione dei fanciulli della montagna, era la prima volta che il sacramento veniva celebrato in montagna; un’altra durante la celebrazione della Missione Parrocchiale in montagna con la presenza dei cari Padri della Salette (P. Celeste, P. Umberto., P. Elpidio), l’altro nel 1981.

003A distanza di 30 anni questi eventi sono talmente impressi nella mia memoria e nel mio cuore che spesso…sogno di essere ancora a lavorare a Galatro. A parte la battuta che è vera, sono eventi elaborati, costruiti e realizzati non da me solo, perché la Chiesa, come scriveva il Beato Paolo VI, non è opera di navigatori solitari, ma da un popolo, da una comunità viva, e questa è stata la bellezza di quel tempo che ancora mi stupisce perché nell’entusiasmo di quelli anni c’era viva la presenza del Signore e per questo non cesso di rendere grazie a Lui! Come si può dimenticare la gioia che trasudava dal volto dei pellegrini, fanciulli, giovani e anziani, per cui la fatica del cammino non era stanchezza e come dimenticare la marea di popolo che alla Villa aspettava la Sua Madonna per accompagnarla solennemente in Chiesa! Tutto questo resta nel mio cuore! Posso dire: “fecit mihi magna qui potens est”.

  • Ho letto un vostro pensiero sul libro di Umberto di Stilo, dicevate di “ritrovarvi pienamente nel racconto che emerge dal libro…”. Volendo esprimere un invito a chi legge, di entrare con la mente e con il cuore nella storia e negli avvenimenti di quegli anni, egregiamente descritti, cosa vi sentite di dover dire a un lettore attento e desideroso di conoscere la storia di questa porzione della Chiesa di Galatro, anche con tutte le difficoltà e lotte che hanno segnato un’epoca e non sempre sono stati edificanti?

Cosa posso dire? Sono tante le sollecitazioni che mi balenano dento il cuore e che vorrei riassumere con una frase dei Padri della Chiesa: “Agnosce, christiane, dignitatem tuam”, che mi sento di tradurre così: “Riconosci, o galatrese, che in Maria c’è tutta la pienezza del tuo essere e non ti dimenticare che la tua storia di ieri, oggi e domani è impregnata di valori che hanno in Maria la sua piena realizzazione; non ti vergognare di Lei e abbi il coraggio di testimoniare sempre il Suo Figlio, Gesù. Ricorda che più cerchi di dimenticare la fede e più ti insegue perché appartiene al tuo DNA”.

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