LA CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMINE A LIMBADI

Oggi 15 luglio 2017… sono già passati 27 anni dal giorno in cui è stata aperta al culto, dopo un non lungo periodo di ristrutturazione, la Chiesa del Carmine di Limbadi. Ricordo che ho seguito, proprio dal di dentro e giornalmente, l’esecuzione dei lavori, e conservo una ampia documentazione fotografica, con gli articoli che, al momento, ho pubblicato sul giornale “Proposte” di Nicotera.

Oggi mi piace ripubblicare i servizi che ho realizzato all’epoca, sia come documentazione per quanti disconoscono completamente questa bella pagina di storia limbadese, che come omaggio a mia moglie, limbadese trapiantata a Galatro, che non ha mai perso il senso dell’appartenenza alla sua comunità, di cui la storia della Chiesa della Madonna del Carmine rappresenta una delle pagine più significative, anche della nostra storia personale in quanto il 20 maggio del 1990, proprio in questa chiesa, ci siamo sposati.

ARTE E FEDE FANNO IL MIRACOLO. LIMBADI ONORA LA MADONNA

Alle 6 del pomeriggio di sabato 15 luglio 1989, la Chiesa di San Pantaleone era già affollata di gente che, cantando “mira il tuo popolo” attendeva la Statua restaurata della Madonna del Carmine. Dopo aver benedetto la Statua, sul sagrato della Chiesa di San Pantaleone, don Saragò ha sottolineato come “per la Statua della Madonna, e per la stessa Chiesa, è finita la settimana di Passione. Finita la settimana di Passione è arrivata la resurrezione e la Statua e la Chiesa, che tutti pensavano morte, sono risorti”.

Infatti, per diverse vicende, la Chiesa del Carmine era diventata una grande malata, di un male che molti pensavano ‘incurabile’. Anche se alcuni sostenevano che la Chiesa del Carmine doveva essere adibita ad altri scopi (farne un teatro o adibirla a biblioteca comunale), nell’occasione del restauro della Chiesa si è vista nettamente smentita questa tesi: interroga il fatto che il popolo di Limbadi abbia preso tanto a cuore la riapertura di questa Chiesa. Ogni giorno essa ha rappresentato la meta di pellegrinaggio per quasi tutti i limbadesi (giovani e meno giovani), che hanno seguito tutte le varie fasi dei lavori.

Possiamo affermare che questo avvenimento ha rappresentato un grande gesto di unità della Chiesa di Limbadi: in un momento così difficile per tutta la società, questo gesto, particolarmente religioso, ha inteso ribadire la presenza di una realtà ecclesiale viva, accogliente ed incidente. Si ricredano quanti pensavano che la fede non c’entri con le opere che si sono realizzate, perché religiosi sono stati tutti i momenti che hanno portato al restauro e la gente di Limbadi vi ha aderito totalmente.

Salutata dagli ultimi raggi di sole, la Statua della Madonna si avvia verso la ‘sua’ Chiesa, seguita da una lunga processione: c’è chi prega, chi saluta, chi piange in silenzio, ma tutti uniti in una grande unità di fede, che è anche unità di popolo. La lunga processione si dirige verso la Chiesa: è gente che ha bisogno del sacro, ha bisogno di ascoltare parole nuove, consistenti, diverse dalla vacuità del nostro parlare di tutti i giorni.

L’arrivo alla Chiesa del Carmine è stata una festa: si fa festa per la riapertura al culto di un luogo dedicato alla Madonna e che la fede del popolo limbadese ha voluto carico di significato. L’avvenimento della riapertura della Chiesa, che ha raccolto centinaia di persone, non è altro che l’esperienza della fede, rivissuta così come c’è stata tramandata dalla nostra gente che, dai riti imparati nella Chiesa ha modellato i gesti, il linguaggio, le feste ed anche il lavoro. E questo aumenta la consapevolezza che le radici della nostra civiltà e della nostra umanità sono largamente segnate dalla fede. In Chiesa è evidente sulle facce della gente un’espressione stanca, ma tranquilla, sembra di rivivere le parole del Salmo: “… ci sembrò di sognare, ci rivenne il sorriso alle labbra, cantammo di gioia”.

Prima di concludere la giornata, don Saragò ha sottolineato come “Limbadi ha dato una testimonianza concreta della sua religiosità: la Chiesa è stata realizzata solo col frutto del lavoro e delle fatiche dei limbadesi”. La processione è finita, la giornata pure, tutti sono stanchi, ma resta ancora la forza per salutare la Madonna e intorno si alza un coro di voci che canta: “Mira il tuo popolo / o bella Signora / che pien di giubilo / oggi t’onora…”.

INTERVISTA A DON SARAGO’

Don Giuseppe Saragò da 23 anni è il Parroco di Limbadi: è lui che guida, con grande dedizione e tanta fede, la Comunità ecclesiale limbadese. La riapertura al culto della Chiesa del Carmine rappresenta un grande segno che merita, in primo luogo di essere giudicato da colui che ha sulle spalle la responsabilità della Chiesa di Limbadi. In un incontro molto amichevole, abbiamo parlato a lungo e ne è venuta fuori una testimonianza che merita di essere comunicata.

Che significato riveste per la comunità limbadese l’avvenimento della riapertura della Chiesa del Carmine?

Prima di tutto vorrei dire che significato riveste per il Parroco, che sono io, e che ho congiunto, per la prima volta, le mie mani in preghiera a Limbadi proprio in questa Chiesa quando, giungendo dal Poro e dal mio paese Santa Domenica, per ubbidienza al mio Vescovo, fui immediatamente portato in questa Chiesa per la novena della Madonna che considero essenziale nella mia vita, infatti due libri da me scritti riguardano la Vergine Maria ed uno in particolare “Il Sogno Avverato” descrive la storia di Fra Carmelo e del Santuario della Madonna del Carmelo, da lui fondato. Per la comunità di Limbadi è un arrivo atteso e gioioso, anche se c’è qualcuno che cerca di convincere che il Bene deve essere chiamato male e, forse, il male bene; infatti per costoro le cose dovevano essere lasciate.così com’erano, con la Chiesa morta come i morti che ci sono sotto il pavimento. Per chi ha operato con rettitudine ciò suona somma ingiuria, ma sono, per grazia di Dio delle frange che speriamo siano del tutto sommerse dall’onda impetuosa dell’entusiasmo popolare.

Come mai si è pensato di riaprire al culto, dopo 25 anni di abbandono, la Chiesa del Carmine?

Per l’esattezza non sono 25 anni, perché io sono a Limbadi da 23 anni e, come ho detto, almeno il primo anno che sono giunto a Limbadi ho fatto la novena e si è fatta anche la festa. Poi dei ladri l’hanno impoverita strappando la porticina argentea del tabernacolo, asportando i candelieri lignei antichi ed un prezioso quadro del Russo; le intemperie hanno fatto il resto. Nel pensiero limbadese l’abbandono è pesato molto, per me moltissimo ma nel mio cuore c’era sempre speranza, non ho lasciato niente di intentato. La Chiesa è stata sempre aperta, anche se le funzioni si sono svolte nel cuore … Le Chiese sono state costruite per il culto e restaurando la Chiesa ne viene, di conseguenza, che si devono aprire al culto che a Limbadi è sostanzioso e nutrito. Moltissimi a Limbadi portano il nome di Carmela (o Carmelo). Anche se la maggior parte porta il nome di Panteleone. Anche i nomi sono un segno.

Chi si è preso a cuore la realizzazione dei lavori? È stato costituito un comitato?

Devo dire che il miracolo l’ha realizzato la Madonna servendosi della fede e dell’intelligenza fervida limbadese. C’è stato un comitato di 27 persone. Non sto qui a fare elenchi. Non ci sono stati contributi, tutto è scaturito dalla forte e viva intelligenza e fede limbadese: limbadese è la restauratrice della statua, limbadese è lo scultore dell’altare, un altare che ha le sette proverbiali bellezze. C’è Limbadi in primo piano, su quanto è stato realizzato, ognuno ha messo la sua preziosa pietra intorno al volto della Madonna: mi sembra tutto diverso questo popolo ora che ha realizzato questo lavoro. Non posso dimenticare un nome che è quello del Signor Francesco Mancuso che ha dato tutto sé stesso per questo lavoro. Non so poi se la sua presenza venga osservata da altre sfaccettature, io ho trovato rettitudine di intenzioni.

La Chiesa del Carmine non era un luogo da lasciare in abbandono: quali cose sono da ricordare e meritano di essere menzionate nell’occasione della sua riapertura al culto?

Ognuno ha le sue cose da ricordare, ci vorrebbe un libro. Ci sono da ricordare la fede di un popolo forte ed anche il rispetto dei padri limbadesi che sono sepolti sotto il pavimento della Chiesa. I tralci di quella vite, noi, non potevamo sopportare che quei resti subissero eternamente lo scroscio della pioggia quando noi, nelle intemperie, ce ne stavamo nelle tiepide case. Oltre la Madonna, quei morti hanno chiamato alla riscossa. Vorrei rivolgere il mio pensiero alla Vergine Maria del Carmelo, concludendo, sono certo che Lei è contenta, anche se i pessimisti le suggeriscono di non essere contenta. Noi sacerdoti siamo come gli zingari che spostiamo la tenda… Finché sono a Limbadi questa Chiesa, ogni giorno mi parlerà nobiltà limbadese, di fede limbadese come un forte monumento incancellabile; se un giorno sposterò la mia tenda, mi porterò nella memoria questa pagina d’oro della mia comunità. Ho detto la sostanza, potrei ancora continuare ma le interviste non possono essere interminabili, parlo delle risposte. Guardiamo tutti in alto, la Madonna del Carmine è la Vergine che invita a salire verso le cime, a deporre il fetore della stagnanti pianure, ed è l’invito che faccio a me stesso ed alla Comunità limbadese.

C’ERA UNA VOLTA… E C’E’ ANCORA!

C’era una volta la Chiesa del Carmine … sembra l’inizio di una favola, invece è solo il modo in cui, fino a qualche mese addietro, si parlava di questa Chiesa, aspettando il colpo di grazia che la cancellasse definitivamente anche dalla carta geografica, a meno che un miracolo… E il miracolo si è verificato! Un miracolo compiuto non dalle Autorità competenti, ma dal popolo di Limbadi che, ritenendo che una ricchezza così grande, generata nei secoli passati dal senso religioso del popolo limbadese, non potesse andare perduta, ha fatto sì che fosse restituito al presente un monumento di indiscutibile valore.

Questa Chiesa versava in uno stato deprimente di angosciosa incuria e decadenza: stava scomparendo tra l’apatia e l’indifferenza generale. La gente di Limbadi ha dato una testimonianza concreta della sua volontà di salvare la Chiesa, fin dal febbraio scorso quando, anche per le insistenze della Signora Antonietta Braghò, è stato formato un comitato per sostenere. le spese di restauro. Si può ben affermare che è il popolo di Limbadi che ha ricostruito la Chiesa, con una sottoscrizione popolare sono stati raccolti quasi 27 milioni: 4 milioni sono stati offerti dalla Società San Pantaleone, 2 milioni dal Comm. Filippo Massara, il granito è stato regalato dal Maggiore Lacquaniti e dall’Avv. Bruno Russo. Coordinatore di tutti i lavori, sotto la presidenza del Parroco, è stato il Signor Francesco Mancuso che, mettendosi d’impegno per ricostruire una Chiesa che secondo tanti andava demolita, è riuscito a recuperare un monumento e che rappresenta un passato che non doveva andare perduto.

La Signora Maria Teresa letto, pittrice e scultrice di Limbadi, anche che se risiede a Roma, ha eseguito il restauro della Statua: ”Sono contenta di poter essere utile al mio Paese – mi dice – di poter dare qualcosa di mio anche attraverso il restauro. Il lavoro di restauro è stato molto difficoltoso perché ho dovuto usare dei colori vegetali, che ho portato dalla Cina, per cercare di ottenere l’invecchiamento della Statua. Dalla struttura della Statua penso che è di 300 anni fa, anche se non lo posso affermare con certezza. Posso solo dire che la Statua è fatta molto bene, ha molto movimento ed un’espressione che riesce a comunicare. Quell’artista che l’ha fatta doveva essere molto bravo, perché ha realizzato qualcosa di molto bello per l’epoca. Anche la Chiesa è venuta molto bene perché è molto movimentata e barocca e si è riusciti a giocare con i colori”.

Un lavoro non facile, e certamente molto faticoso, lo ha svolto, con grande passione, Peppe Forte, un giovane e valente artista limbadese che, assieme a Fortunato Castagna che ha collaborato con lui, ha realizzato veramente una grande opera: ‘Abbiamo cercato delle vecchie fotografie, mi dice Peppe Forte, e siamo riusciti a portare la Statua alla sua bellezza originale. La Statua è tutta in legno ed in alcuni punti c’è uno strato di 1-2 cm. di gesso per ricavare linee più morbide. Pensa che la Statua è talmente pesante che, in passato, diveniva difficoltoso anche portarla in processione, per cui è stata realizzata un’altra Statua della Madonna del Carmine che si trova nella Chiesa di San Pantaleone”. Di Peppe Forte è anche l’altare che durante l’inaugurazione della Chiesa, è stato oggetto di grande ammirazione da parte di tutti i fedeli: “L’altare è stato realizzato – mi dice Forte – con la radice di una pianta di olivo. Ho voluto esprimere e sviluppare l’immagine del Paradiso, del Purgatorio, dell’Inferno e della Crocifissione. Sono partito dall’idea di un grande piede sul quale si doveva reggere tutto l’altare … poi ho cambiato. Anche il Cristo non è rappresentato sulla Croce, ma si libera dalla Croce, proprio in mezzo alle persone che lo hanno crocifisso. Al di sopra di tutto questo ho rappresentato l’Eucarestia, che raccoglie ed abbraccia in sè, tutto quello che è rappresentato nell’altare”.

I lavori di restauro sono stati eseguiti: per quanto riguarda la muratura dalle Ditte di Sandro Costa e Antonino Francolino, e da mastro Nino Scattaretica; i lavori di falegnameria dalla Ditta Francesco Limardo. La porticina del Tabernacolo è stata artisticamente realizzata dal Signor Carlo Pugliese.

Scultura di Peppe Forte

Il tutto è stato riportato all’originaria bellezza: la Chiesa, l’ armonium, la facciata esterna, tutto è stato ricostruito rispettando l’ originaria forma. La cupola ed il portone sono stati restaurati rispettando il loro stile rinascimentale. Nella Chiesa c’è ancora un ossario dove ci sono le ossa dei Padri limbadesi: “A voi che foste i pionieri di questo paese, la testimonianza del nostro devoto ed affettuoso ricordo”. Questa scritta si trova a lato della porticina dell’ossario dove si intravedono le ossa. La Chiesa del Carmine è antichissima e la sua riapertura affonda le radici nella tradizione più cara al popolo limbadese perché tutto ciò che gli antenati hanno prodotto, con il loro ingegno e con la loro fede, continua a dare al nostro presente uno spessore che, mentre ci testimonia che non c’è rottura col passato ma continuità, ci indica anche qual’è il luogo dove risiede la nostra vera identità.

Servizio tratto da Proposte, n. luglio-agosto 1999

La chiesa del Carmine di Limbadi

A DIECI ANNI DALLA RIAPERTURA

Un’umile stanzetta è il cuore di questa storia… ricominciata dieci anni fa”. Pensavo questo, nei giorni scorsi, durante la processione della Madonna del Carmine a Limbadi, dove ho partecipato come l’adesione ad un momento semplice, essenzialmente vero, alimentato dalla visione di una devozione mariana pura, senza fronzoli, senza retoriche inutili. Tutto era al suo posto e lo si percepiva nei volti della gente che, in maniera composta e silenziosa, entrava e usciva dalla Chiesa.

Raccontare la storia di questa Chiesa, che troneggi nella pianura limbadese, sembra di raccontare una storia accaduta qualche secolo addietro. Invece è storia di ieri… e sono stato proprio io che, dieci anni fa, su queste stesse colonne, ne ho raccontato la cronaca, quando il 15 luglio del 1989 la Chiesa è stata riaperta al culto… riaperta al culto proprio mentre sembrava che stesse aspettando il colpo di grazia che la cancellasse definitivamente dalla carta geografica.

A meno che un miracolo… ed il miracolo si è verificato!

Ripensando a questi dieci anni, son voluto tornare anch’io, nei giorni scorsi, per qualche ora, in “quell’umile stanzetta”. E come sempre accade mi hanno assalito i ricordi che mi legano a quella piccola Chiesetta… tutti bellissimi, da quelli del periodo della ristrutturazione a quello, personale, del 20 maggio del 1990, dove davanti alla Madonna del Carmine, silenziosa testimone, mi sono sposato. E la scelta del luogo dove celebrare il mio matrimonio non è caduta a caso… ci deve essere stato qualche fatto, anche se a me misterioso, che mi ha reso evidente la “santità” di questo luogo e mi ha portato proprio qui per la celebrazione del Sacramento del mio matrimonio.

E’ da dieci anni che, ai piedi della Madonna del Carmine, in silenzio, centinaia di persone hanno deposto speranze e dolori, hanno invocato intercessioni, recitato fervide preghiere… sono la storia della fede e del desiderio di gente che, pur fra le incoerenze della vita quotidiana, è ridestata da quella presenza.

Di fronte a degli avvenimenti, come la rinascita della Chiesa del Carmine, l’uomo di fede si scontra con dei segni misteriosi, che vanno anche al di là del semplice recupero di un’opera d’arte. Sono andato a rispolverare il mio album di ricordi, ho rivisto vecchie fotografie scattate durante i lavori per la strutturazione della Chiesa… una vicenda non certamente singolare, se giudicata secondo l’ottica di un processo di abbandono oggi abbastanza comune. Vicenda significativa, invece, se è riuscita a far resuscitare un mondo di valori, di compagnia, di fede, che si pensava fossero andati definitivamente perduti… e se, da una parte, parlano poco i documenti rinvenuti, perché della sua storia si sa poco; dall’altra, parla invece la Chiesa che oggi vediamo, che è il risultato di interventi di più stagioni, ma ognuna porta dentro il segno della tradizione e della fede di un popolo.

Articolo tratto da Proposte, n. 12/13 16 luglio-15 agosto 1999

LIMBADI: PER VERITA’ E PER MERITO

Qualche mese addietro ho scritto sui dieci anni di riapertura al culto della Chiesa del Carmine di Limbadi.

Qualcuno mi ha fatto notare che, tutto quello che ho scritto era vero, ma mancava qualcosa… non avevo riferito che in questi dieci anni il Signor Pietro Carrieri di Limbadi (nella foto), con semplicità e umile operosità, ha provveduto a tenere aperta e pulita la chiesa, preoccupandosi per tutte le necessità.

E’ una testimonianza umile, alla quale bisogna essere riconoscenti, per il servizio svolto, anche con difficoltà e fatica. Sono contento di integrare con questa nota, il mio precedente articolo, augurando al Signor Pietro Carrieri che la Madonna gli dia ancora la forza di accudire la sua casa per tantissimi anni ancora.

Articolo tratto da Proposte, n. 17  1 -15 ottobre 1999

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