L’ABATE MARTINO E MASTRO BRUNO PELAGGI IN UNA TESI DI LAUREA SUL BRINGANTAGGIO ALL’UNIVERSITA’ STATALE DI MILANO

Oggi 8 giugno 2025 ricorre il 207° anniversario della nascita dell’Abate Antonino Martino e, anche questa volta, Galatro ha completamente dimenticato questo anniversario! L’Abate Martino è stato un gigante, uno dei pilastri della cultura galatrese: Galatro è conosciuto come il paese di Martino e di Conia, un omaggio che il nostro paese non sta ricambiando. Per la ricorrenza dei 200 anni della nascita di Martino nel mio piccolo, ho cercato di ricordarlo: in modo “artigianale e spartano” ho messo insieme dei miei vecchi scritti sull’abate Martino, pubblicati nel corso degli anni, ed ho dato vita ad una piccola antologia, che è stata molto apprezzata, nonostante le tante imperfezioni, frutto dei tempi ristretti e dei pochissimi mezzi che ho avuto a disposizione per la stampa.

Molte volte, nel corso degli anni, ho paragonato il mio scrivere al viaggio di un pendolare, che non è interessato tanto alla destinazione e neanche ai compagni di viaggio, perché in questo viaggio non si ha idea di cosa di può incontrare e dove ci conduce. Pensavo che il mio scritto su Martino non avesse varcato i nostri confini paesani, quando ho ricevuto una lettera: “Egregio Signor Scozzarra, sono Alice Ermini Burghiner, studentessa di Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Milano. Sto scrivendo la tesi di laurea in Storia del Risorgimento e sto affrontando le interpretazioni del brigantaggio. Essendomi imbattuta nella figura dell’abate Antonio Martino di Galatro, volevo gentilmente chiederLe quali fonti ha consultato per la biografia e per le poesie, così da poter approfondire la ricerca. Le sarei infinitamente grata. RingraziandoLa anticipatamente per il Suo contributo culturale e per l’attenzione dedicatami, Le auguro una buona giornata. Cordialmente Alice E. Burghiner”.

Tra lo stupore e la sorpresa ho subito risposto: “Buonasera a lei, mi farebbe piacere sapere in che modo è venuta a contatto con l’abate Martino. Non so se ha trovato gli articoli che ci sono nel mio sito o ci è arrivata per altre vie. Se ha avuto modo di leggere gli articoli che ci sono nel mio sito, nella sezione riservata all’abate Martino, avrà capito che ho pubblicato (in maniera spartana e artigianale) una piccola antologia di miei scritti su Martino, fatta in tutta fretta per evitare che l’anniversario dei 200 anni della morte del Poeta passasse in silenzio. Non ho difficoltà ad elencare le fonti che riguardano il Martino, anche se penso che con il fenomeno del brigantaggio Martino ha poco a che fare… potrei indicargli qualche autore locale che ha scritto di questo, anche se penso che l’opera del Martino è un universo fantastico ancora inesplorato. In attesa di un suo ulteriore chiarimento la saluto cordialmente. Michele Scozzarra”. E la risposta non ha impiegato tanto ad arrivare: “Grazie infinite per la subitanea risposta. Sono venuta a contatto con l’antologia grazie alla Sua pagina web. Sebbene mi sia resa conto della distanza tra brigantaggio e l’abate, ho pensato fosse utile il contributo dell’autore circa il risentimento verso l’Unità d’Italia, un processo che ha stravolto la realtà politica e sociale del Mezzogiorno. Utile come le poesie del Mastro Bruno Pelaggi, special modo quella dedicata a Umberto I. Non pensavo ci fossero testimonianze riguardo al brigantaggio. Mi piacerebbe molto poterle studiare. Grazie mille ancora per la Sua disponibilità Cordialmente”.

Da questo incontro Alice Ermini Burghiner ha dato il via alla sua tesi di laurea presso l’Università degli Studi di Milano, Facoltà di Studi Umanistici, Corso di Laurea Triennale in Lettere, dal titolo: Interpretazioni e voci del grande Brigantaggio, relatore il prof. Marco Soresina. Sul frontespizio della tesi, come dedica, mi ha commosso quando ho letto ciò che ha scritto: “Ai guardiani della storia, ai custodi della tradizione, a Michele Scozzarra”. Non posso negare la mia profonda commozione, di fronte a questa dedica, nella convinzione che quando facciamo qualcosa di vero e di buono, non abbiamo bisogno di sponsor, perché sarà la verità e la vita ad imporli, senza il nostro intervento. “Questa “ardua impresa”, ha scritto nella sua tesi Alice Ermini Burghiner, mi ha permesso di conoscere tantissimo. Ho capito questo: amo conoscere e approfondire. Studiare la storia risorgimentale, in questo caso del Mezzogiorno e della Calabria, mi ha arricchito. Rivolgo la mia gratitudine a Michele Scozzarra per avermi sostenuto nella ricerca delle fonti poetiche e nella traduzione del dialetto calabrese, ma soprattutto per aver conservato e studiato la storia di Galatro e del suo Poeta. Con l’augurio che questo possa contribuire alla storia della poesia dialettale calabrese”.

Può bastare questo per capire che, anche se l’Abate Martino non è stato ricordato nella sua terra, la sua opera ha affascinato una giovane laureata che abita alle pendici del Monte Rosa e la Calabria l’ha vista solo sulla carta geografica, riuscendo a creare una vicinanza tra alcuni personaggi della sua terra e la nostra che ha del fantastico, infatti ha scritto: “C’era una volta un brigante che vagava sulle vette del Monte Rosa e per le sue valli. Si chiamava Mazarocc (o Ammazza Rocco). Si tramanda che fosse impavido, irriverente, un ribelle, il Robin Hood della Valle Anzasca, che rubava ai ricchi per dare ai poveri anche a costo di andare contro la legge. Per non parlare dei briganti che, nel 1500, segnarono la storia d i Vogogna. Immagini leggendarie e storiche che, in un modo o nell’altro, si sono presentate nel mio vissuto sotto varie forme. È curioso come, in un modo o nell’altro, tutto torna e sembra quasi collegato, vero? Quando ero bainbina mio padre era solito chiamarmi “Brigante”. Io non sapevo che significato avesse, ma di sicuro aveva a che fare con le marachelle e qualche capriccio giornaliero.  Ad oggi, questa puerile concezione si è arricchita di significato. D’altronde, se non si conosce il passato, e voglio rifarmi alle preziose parole di Mare Bloch, non si può comprendere il presente”.

Sul raffronto dell’opera dell’abate Antonino Martino e di Mastro Bruno Pelaggi, Alice Ermini Burghiner ha scritto nella sua tesi: “I due autori appartennero a due ambienti culturali diversi. Nel caso di Antonio Martino di Galatro, l’ambiente culturale da cui egli derivava era ecclesiastico e la sua formazione linguistica e letteraria la si può evincere dai suoi componimenti, in cui si possono vedere gli usi latineggianti e le figure retoriche che rimandano alla profezia presente nella IV egloga virgiliana, usata dall’abate in funzione di un buon auspicio per un futuro migliore per le genti della Calabria. Diverso si tratta, invece, per il Pelaggi. Egli era un lavoratore, un operaio, e molto probabilmente l’epiteto di “Mastro” faceva appello alle sue competenze in materia. Rappresentante di una classe sociale differente, egli non si può dire che fosse ignorante circa le dinamiche politiche e sociali. Il linguaggio di Pelaggi è  più schietto rispetto a quello dell’Abate Martino, ma entrambi adoperarono l’uso comune della lingua  dialettale per essere il più vicini possibili al popolo, alle famiglie, ai compaesani. Dal un confronto avuto con l’avvocato Michele Scozzarra, appassionato conoscitore della storia di Antonio Martino e di Galatro, si è discusso di come l’Abate, liberale, fu più volte perseguitato dai borbonici e più volte fu costretto a scappare e a nascondersi, delle volte addirittura nel camino della propria abitazione. La ricerca della poesia dialettale ottocentesca, in questo caso del panorama letterario calabrese, può contribuire al recupero di una tradizione poetica, che è stata ostacolata dalla difficoltà di reperire le fonti manoscritte. Certo, la poesia del Pelaggi non ci racconta come ha agito un luogotenente in Irpinia o in Terra di Lavoro, non è una poesia dell’Abate che può descrivere il processo di unificazione. Queste voci non sono analisi storiografiche, ma fanno parte di una storia, quella di italiani delusi dal governo, che avevano desiderato il miglioramento delle condizioni di vita dei compaesani e non solo. E’ per questo che si appellarono al dialetto. Il dialetto dell’Abate e del Pelaggi è tradizione, è identità storica e sociale. Il dialetto non è stato usato come in opposizione ai princìpi nazionalistici che riguardavano l’unificazione linguistica, ma in funzione della salvaguardia delle proprie radici. Il dialetto è espressione di centri urbani grandi o piccoli che fossero, il dialetto è la voce di una popolazione e dalla popolazione stessa la poesia degli autori argomentati ha preso ispirazione per le tematiche politiche e sociali del Risorgimento italiano. Inserite nel quadro storico risorgimentale queste “voci” per nulla effimere hanno contribuito e contribuiscono alla storia di piccole realtà locali e alla loro memoria”.

E, per finire, sulla prima pagina in bianco della tesi, con la sua grafia, ha scritto: “Egregio Dott. Scozzarra, con questa tesi voglio ringraziarla per tutto. Per prima cosa per mantenere nella memoria il vivo ricordo della Tradizione… la vostra, la nostra. Sono fermamente convinta che la storia, prima ancora delle date, sia fatta di anima, sensazioni, fatti e… perché no… poesia. Quanti autori hanno scritto la Storia? Tutti. E tutti vanno ricordati, specialmente chi è importante per ricostruire una parte del puzzle. Fondamentalmente sono stufa dei dettami che la buona scuola ci ha imposto per acculturarci. Così ho tenuto fede al mio principio di curiosità, grazie al quale ho trovato il suo sito (prezioso). Certo la curiosità ha un prezzo, mica a tutti fa comodo… ma che noia non scoprire, non conoscere. E’ una tesi non perfetta, lo so… ha purtroppo errori di “layout”… ma ci ho messo tutto l’impegno e la dedizione possibile. E’ il mio riconoscimento e gratitudine per l’aiuto e il tempo che Lei mi ha dedicato, quando io non ci credevo neanche che avrei potuto laurearmi… Grazie, grazie e grazie. Con stima. Alice Ermini Burghiner”.

Non è retorica se penso di concludere scrivendo: Cara Alice, sono io che ringrazio te, per il lavoro che hai fatto sull’Abate Martino e su Mastro Bruno Pelaggi, per le modalità di approccio che hai avuto con la nostra cultura e per come l’hai presentata e valorizzata…

Grazie Alice…

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