2005 – 19 APRILE – 2015 DECIMO ANNIVERSARIO ELEZIONE DI BENEDETTO XVI A PONTEFICE
NELL’ATTACCO A BENEDETTO XVI L’OBIETTIVO E’ LA CHIESA
Proprio in questi giorni Benedetto XVI ha compiuto 83 anni (il 16 aprile) e compirà cinque anni di pontificato (il 19 aprile). Sono passati cinque anni da quando la voce del Cardinale Medina Estevez, ha proclamato al mondo “Annuntio vobis gaudium magnum: habemus Papam. Josephum cardinalem Ratzinger”. La piazza applaude Benedetto XVI che si è affacciato… sembrava un bambino. Era candido: ha detto le parole più semplici che gli siano uscite dal cuore. Ricordo che si è impappinato… ma i suoi occhi si sono allargati, così come le braccia. Non è Wojtyla il Grande, uno che faceva forza al destino e ha spezzato le reni anche al mutismo dei suoi ultimi anni. Lui è Joseph il Servo, l’operaio che viene dopo il conquistatore dei continenti. Giovanni Paolo II ha abbattuto i muri, lui riparerà la vigna, curerà le piante avvizzite: “Cari fratelli e sorelle, dopo il Gran Papa Giovanni Paolo II, i Signori Cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere”.
Oggi, a distanza di cinque anni dall’inizio del suo pontificato, Papa Benedetto XVI è “sotto il fuoco di Satana” che cerca di chiudere i conti con l’ingombrante Nemico posto a capo della Chiesa Cattolica. Anche New York Times arriva a mistificare i casi di pedofilia pur di trascinare nel fango Benedetto XVI, e cerca di innescare una campagna di opinione che mira ad ottenere addirittura le dimissioni del Pontefice.
Ma, il duro attacco a Benedetto XVI sconcerta, non solo per il fatto che la sua posizione è stata nettissima nel riconoscere gli abusi di cui si sono macchiati alcuni ecclesiastici, ed a prendere provvedimenti per l’allontanamento di quanti, anche tra le gerarchie ecclesiastiche, se ne sono fatti complici. Sconcerta perché è evidente come, negli attacchi a Benedetto XVI, la pedofilia di alcuni preti non c’entra niente, ma è una buona scusa per attaccare la Chiesa: non perdiamo di vista che l’obiettivo è la Chiesa.
Dietro tutta questa campagna scandalistica c’è il tentativo luciferino di privare la Chiesa di tutto ciò che le è più caro e più sacro. Nonostante tutto questo, la Chiesa non ha mai perso la speranza. In un dialogo con i sacerdoti di Albano, qualche anno addietro, Benedetto XVI alla domanda se c’è ancora speranza per la Chiesa, disse: “Rispondo senza esitazione: sì!
Naturalmente abbiamo speranza: la Chiesa è viva! Abbiamo duemila anni di storia della Chiesa con tante sofferenze, anche con tanti fallimenti: penso alla Chiesa in Asia Minore, la grande e fiorente Chiesa dell’Africa del Nord, che con l’invasione musulmana è scomparsa. Quindi porzioni di Chiesa possono realmente scomparire… Ma, d’altra parte, vediamo come tra tante crisi la Chiesa è sempre risorta con una nuova giovinezza, con una nuova freschezza. Nel secolo della Riforma, la Chiesa Cattolica appariva in verità quasi finita. Sembrava trionfare questa nuova corrente, che affermava: “adesso la Chiesa di Roma è finita”. E vediamo che con i grandi santi, come Ignazio di Loyola, Teresa d’Avila, Carlo Borromeo ed altri, la Chiesa risorge. Trova nel Concilio di Trento una nuova attualizzazione e una rivitalizzazione della sua dottrina. E rivive con grande vitalità. Vediamo il tempo dell’Illuminismo, nel quale Voltaire ha detto: “Finalmente è finita questa antica Chiesa, vive l’umanità!”. E cosa succede, invece? La Chiesa si rinnova. Il secolo XIX diventa il secolo dei grandi santi, di una nuova vitalità per tante Congregazioni religiose, e la fede è più forte di tutte le correnti che vanno e vengono. E’ così anche nel secolo passato. Ha detto una volta Hitler: “La Provvidenza ha chiamato me, un cattolico, per farla finita con il cattolicesimo. Solo un cattolico può distruggere il cattolicesimo”. Egli era sicuro di avere tutti i mezzi per distruggere finalmente il cattolicesimo. Ugualmente la grande corrente marxista era sicura di realizzare la revisione scientifica del mondo e di aprire le porte al futuro: “la Chiesa è alla fine, è finita!”. Ma la Chiesa è più forte, secondo le parole di Cristo. E’ la vita di Cristo che vince nella sua Chiesa. Anche in tempi difficili…”.
Il vecchio e fragile Ratzinger sa benissimo cosa vuol dire essere Papa, essere il successore di Pietro e anche se ha scritto più di settecento libri, si è presentato al mondo con la fede di un bambino… vestito di bianco come un fanciullo portato a ricevere i sacramenti con la veste immacolata del battesimo, non ha avuto esitazione nell’affermare che “Il Magistero ecclesiale protegge la fede dei semplici; di coloro che non scrivono libri, che non parlano in televisione e non possono scrivere editoriali nei giornali… Esso deve dare voce a quelli che non hanno voce. Non sono i dotti a determinare ciò che è vero della fede battesimale, bensì è la fede battesimale che determina ciò che c’è di valido nelle interpretazioni dotte. Non sono gli intellettuali a misurare i semplici, bensì i semplici misurano gli intellettuali. Non sono le spiegazioni intellettuali la misura della professione di fede battesimale, bensì la professione di fede battesimale, nella sua ingenua letteralità, è la misura di tutta la teologia. Il battezzato, colui che sta nella fede del battesimo non ha bisogno di essere ammaestrato. Egli ha ricevuto la verità decisiva e la porta con sé con la fede stessa… La Chiesa deve poter dire ai suoi fedeli quali opinioni corrispondono alla loro fede e quali no. Questo è un suo diritto e un suo dovere, affinché il sì rimanga sì e il no no, e si preservi quella chiarezza che essa deve ai suoi fedeli ed al mondo”.
Ecco, in queste parole possiamo intravedere la ragione per cui attaccano Benedetto XVI, teologo e filosofo, il Papa che non accetta di piegare la schiena e, soprattutto, la sua fede e intelligenza, al servizio degli idoli del nostro tempo.
Nel quinto anniversario di pontificato di Benedetto XVI ho voluto rivolgere il mio pensiero, e la mia preghiera, al Papa che non ha paura di affrontare le sfide che il “maligno” gli mette sulla sua strada.
E io, in questa sfida, sicuramente sarò con il Papa!
Puubblicato a Aprile 2010
BENVENUTO BENEDETTO… BENVENUTO IN CALABRIA
Benvenuto Benedetto, benvenuto caro Papa, benvenuto Santità, benvenuto professor Ratzinger… benvenuto nella nostra terra di Calabria, una terra di sofferenza: sono state queste le parole che hanno salutato, domenica 9 ottobre, l’arrivo del Papa in Calabria, una delle regioni d’Italia più colpita dalla violenza!
Mentre il Papa è in volo verso Lamezia, si registrano le parole di Mons. Antonio Cantafora che parla di un “Viaggio in un pezzo d’Italia che non si rassegna ad essere la regione con il più basso reddito e il più alto livello di disoccupazione tra i giovani, e soprattutto non si rassegna a vedere il suo nome associato alla criminalità e alla ‘ndrangheta. La Calabria vuole vivere e vivere con dignità e spera che attraverso l’impegno, possa essere messa da parte l’illegalità e la mafiosità che tante volte impera in certi ambienti“.
Non si può non notare, con sconcerto, anche tante critiche apparse sulla stampa alla vigilia di questo viaggio del Papa in Calabria, ma il vecchio e fragile Ratzinger sa benissimo cosa vuol dire essere Papa, essere il successore di Pietro e, in più occasioni non ha avuto esitazione nell’affermare che “Il Magistero ecclesiale protegge la fede dei semplici; di coloro che non scrivono libri, che non parlano in televisione e non possono scrivere editoriali nei giornali… Esso deve dare voce a quelli che non hanno voce. Non sono i dotti a determinare ciò che è vero della fede battesimale, bensì è la fede battesimale che determina ciò che c’è di valido nelle interpretazioni dotte. Non sono gli intellettuali a misurare i semplici, bensì i semplici misurano gli intellettuali. Non sono le spiegazioni intellettuali la misura della professione di fede battesimale, bensì la professione di fede battesimale, nella sua ingenua letteralità, è la misura di tutta la teologia. Il battezzato, colui che sta nella fede del battesimo non ha bisogno di essere ammaestrato. Egli ha ricevuto la verità decisiva e la porta con sé con la fede stessa…”.
La visita del Papa è stata un’occasione storica per la nostra Regione, un segno di speranza che ci ha fatto riassaporare il valore e la potenza di parole come giustizia, emergenza, silenzio, fiducia, speranza, certezza. Benedetto XVI è venuto a portare nella terra di Calabria una parola “seria” sul destino della nostra Regione, perché si presenta al di sopra di ogni ideologia e si rivolge all’uomo in quanto tale, che è lo stesso in ogni angolo del mondo e con lo stesso bisogno di verità.
La parola del Papa, anche in Calabria, supera ogni tentativo di strumentalizzazione ed è segno di una verità che supera le nostre umane disperazioni:
“Cari fratelli e sorelle! Sono venuto per condividere con voi gioie e speranze, fatiche e impegni, ideali e aspirazioni di questa comunità diocesana… So che anche a Lamezia Terme, come in tutta la Calabria, non mancano difficoltà, problemi e preoccupazioni. Se osserviamo questa bella regione, riconosciamo in essa una terra sismica non solo dal punto di vista geologico, ma anche da un punto di vista strutturale, comportamentale e sociale; una terra, cioè, dove i problemi si presentano in forme acute e destabilizzanti; una terra dove la disoccupazione è preoccupante, dove una criminalità spesso efferata, ferisce il tessuto sociale, una terra in cui si ha la continua sensazione di essere in emergenza. All’emergenza, voi calabresi avete saputo rispondere con una prontezza e una disponibilità sorprendenti, con una straordinaria capacità di adattamento al disagio. Sono certo che saprete superare le difficoltà di oggi per preparare un futuro migliore. Non cedete mai alla tentazione del pessimismo e del ripiegamento su voi stessi. Fate appello alle risorse della vostra fede e delle vostre capacità umane; sforzatevi di crescere nella capacità di collaborare, di prendersi cura dell’altro e di ogni bene pubblico, custodite l’abito nuziale dell’amore; perseverate nella testimonianza dei valori umani e cristiani così profondamente radicati nella fede e nella storia di questo territorio e della sua popolazione”.
Il Papa ha invocato la pace, ha pregato per la Calabria… strascicando il suo accento tedesco ha seminato parole di bontà, di amore, di concordia e giustizia, anche se sa benissimo che molti paesi della Calabria vivono nel terrore e che, forse, in quello stesso attimo, non molto lontano da Lui c’è gente che spara, muore, soffre e bestemmia. Ma, nonostante tutto questo, parla, ammonisce, sprona, avvince, prega… e la gente di Calabria che gli sta intorno, applaude, sventola bandiere, gli chiedono una parola di speranza, capace di infrangere le barriere dell’umana solitudine.
Nel pomeriggio il Papa si è recato nella Certosa di Serra San Bruno dove ha presieduto la celebrazione dei Vespri con i monaci, e nell’omelia ha voluto sottolineare l’importanza dei certosini:
“La Chiesa ha bisogno di voi … Il vostro posto non è marginale: nessuna vocazione è marginale nel Popolo di Dio: siamo un unico corpo, in cui ogni membro è importante e ha la medesima dignità, ed è inseparabile dal tutto… Anche voi, che vivete in un volontario isolamento, siete in realtà nel cuore della Chiesa, e fate scorrere nelle sue vene il sangue puro della contemplazione e dell’amore di Dio… Vorrei che questo nostro incontro mettesse in risalto un legame profondo che esiste tra Pietro e Bruno, tra il servizio pastorale all’unità della Chiesa e la vocazione contemplativa nella Chiesa. I Monasteri hanno nel mondo una funzione molto preziosa, direi indispensabile. Se nel medioevo essi sono stati centri di bonifica dei territori paludosi, oggi servono a “bonificare” l’ambiente in un altro senso: a volte, infatti, il clima che si respira nelle nostre società non è salubre, è inquinato da una mentalità che non è cristiana, e nemmeno umana, perché dominata dagli interessi economici, preoccupata soltanto delle cose terrene e carente di una dimensione spirituale. In questo clima non solo si emargina Dio, ma anche il prossimo, e non ci si impegna per il bene comune. Il monastero invece è modello di una società che pone al centro Dio e la relazione fraterna. Ne abbiamo tanto bisogno anche nel nostro tempo. Cari amici di Serra San Bruno, il privilegio di avere vicina la Certosa è per voi anche una responsabilità: fate tesoro della grande tradizione spirituale di questo luogo e cercate di metterla in pratica nella vita quotidiana”.
Ecco anche adesso, nel riascoltare le parole del Papa non possiamo non riassaporare lo stesso stupore e gratitudine che ha provato la gente che aveva davanti… non dobbiamo dubitare (come fanno gli snob ed i sofisti), che il desiderio più grande del Papa è che ogni singolo uomo trovi il senso della propria vita e della realtà, e che in tutto quello che gli può capitare, non abbia paura di essere solo, perché Cristo e la Chiesa sono con lui, quindi non bisogna avere paura di affrontare le sfide che “il maligno” mette sulla nostra strada.
Per noi, nel seguire Benedetto XVI, è tutto da imparare… per loro (incerti, sofisti e snob) è proprio una bella sfida…
Pubblicato a Ottobre 2011
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