DON PEPPINO SARAGO’

Domenica scorsa, dopo tanto tempo, sono ritornato a Limbadi: l’ultima domenica di maggio, seguendo una secolare tradizione, si celebra la “festa minore” in onore di San Pantaleone, detta nel gergo “U Santu Poveru”, con riferimento alla sobrietà e semplicità delle manifestazioni esterne, in contrapposizione allo sfarzo dei festeggiamenti di luglio: “U Santu Riccu”.

Ho rivisto tanti amici e ho conosciuto il nuovo parroco, don Franco Massara, un bravo sacerdote che è stato nominato in sostituzione del caro don Peppino Saragò nella guida della parrocchia di San Pantaleone.

Alla fine della messa volevo avvicinare don Peppino, ma non ho fatto in tempo… l’ho visto appena, accompagnato dalla sorella, che passava davanti alla statua di san Pantaleone, non ho fatto in tempo di andare a salutarlo. Mi riprometto di farlo nelle prossime settimane, perché lo ritengo un bravo sacerdote che ha speso tutte le sue energie per la comunità limbadese.

Ho provato un senso di grande tenerezza nel vederlo camminare, a passo lento, nella chiesa che lo ha visto con forza e vigore testimoniare la sua grande fede e devozione, senza risparmiarsi anche nei momenti in cui la salute non lo assisteva più.

Ho scritto parecchi servizi su don Saragò, che mi riservo di pubblicare in seguito, in questo momento voglio salutare il suo ritiro dal ministero attivo della Parrocchia di San Pantaleone, con l’articolo che ho scritto, nel mese di agosto del 1990, per il suo 25° anniversario di sacerdozio.

Un ringraziamento anche da parte mia, per tutto quello che ha fatto per la porzione di vigna del Signore che gli è stata affidata, il Signore gliene renderà merito…

Per il 25° anniversario di Sacerdozio

AUGURI DON SARAGO’

Carissimo don Peppino,

forse perché la sera del 6 agosto, subito dopo la celebrazione Eucaristica di S.E. Mons. Cortese, in vostro onore, non sono riuscito ad avvicinarvi, se non distrattamente, che voglio farvi giungere attraverso questo giornale, i miei auguri per l’anniversario del vostro 25° di ordinazione sacerdotale.

Auguri insistenti ed occasionali quasi danno fastidio, spesso hanno il sapore di una convenienza o di una attenzione improvvisa e superficiale. Ci sono, però, fra i tanti, gli auguri più silenziosi e più veri, da parte di quelle persone che vi sono vicine per vero affetto e per vera amicizia: sono gli auguri degli amici veri, sono gli auguri di tutti coloro che, dal vostro ministero sacerdotale hanno avuto assistenza, conforto e significato alla loro esistenza. Auguri silenziosi e nascosti, magari solo pensati e formulati per voi, nel profondo del cuore, come una preghiera umile e semplice, perché la vita che si è aperta con il vostro sacerdozio sia sempre benedetta e coraggiosa, saggia e forte, capace di amare l’umanità che nel ministero del sacerdozio vi è stata affidata, pur nella sua sofferta ed entusiasmante avventura.

Carissimo don Peppino non vogliatemene se tra questi ultimi mi ci metto anch’io, perché tale vuole essere il mio augurio: se il sacerdozio non fosse che una semplice funzione, se il sacerdote non fosse altro che un impiegato di Cristo, un funzionario della Chiesa, allora avrei il dovere di dirvi che, con il bagaglio intellettuale che possedete avete sbagliato a non fare il medico, l’avvocato o l’ingegnere. Ma, il sacerdote non è un funzionario ma un apostolo; Gesù Cristo ai ministri dei culti esterni ha preferito gli Apostoli come sacramento di salvezza per tutti gli uomini. E nella comunità ecclesiale che vi è stata affidata, Voi, da apostolo avete sempre e comunque testimoniato Cristo, in ogni istante del vostro sacerdozio, sia con i gesti, che con le parole e gli scritti.

Ho appena finito di leggere il libro che avete fatto per ricordare, come segno “reale” della presenza di Cristo nella vostra vita, il 25° anno di sacerdozio: mi hanno sempre affascinato le espressioni profondamente rivelatrici del vostro intimo dialogo con Dio. Infatti, ne “Il grido della Certosa” avete chiaramente testimoniato come la forza contemplante il mistero della vita, si raggiunge solo con il cuore di un bambino, perciò mentre sgorga dalle vostre labbra il ringraziamento a Colui che è il “principio e la fine” del vostro sacerdozio, vengono salutati e ricordati, in una misteriosa armonia tutti i volti ed i luoghi che hanno segnato la vostra esperienza di sacerdote: dai monaci certosini di Serra San Bruno a don Mottola, da don Musumeci a padre Saragò… quanti doni, quante cose belle e alte, quanta speranza traspare.

Carissimo don Peppino, sembrano frasi usuali per il credente, il ringraziare Dio per il dono della fede e, soprattutto, per il dono della fede nel sacerdozio. La testimonianza che voi avete offerto del vostro apostolato è la consacrazione della vostra persona all’opera di Dio per la salvezza del mondo.  Tutte le persone che vi sono vicine per vera amicizia, di fronte a questo non possono che rimanere stupiti e affascinati e accompagnarvi ogni giorno, con la loro preghiera e con il loro affetto nel vostro cammino missionario.

Vi abbraccio, Michele Scozzarra

Articolo pubblicato su Proposte di Nicotera nel numero di settembre del 1990

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