FESTA DELLA REPUBBLICA… FESTA DELLA PATRIA
Oggi 2 giugno è la Festa della Repubblica Italiana, in questo giorno viene ricordata la nascita della Repubblica: il cerimoniale ha sempre previsto la deposizione di una corona d’alloro al Milite Ignoto e una parata militare alla presenza della più alte cariche dello Stato.
Negli ultimi anni sono state le parate militari, forse più che le partite di calcio, che hanno fatto sì che gli italiani tirassero fuori il Tricolore e provassero un brivido alle note del nostro Inno Nazionale.
Sono i nostri “ragazzi“ che rischiano e danno la vita nelle varie missioni di pace, per costruire angoli di pace in parti della terra distrutti dalla guerra, che hanno risvegliato il nostro “amor di Patria”, perché la Patria è al di sopra di ogni fazione.
A ricordo di questo, mi piace riportare un mio piccolo pensiero, del periodo di quando anche io ho indossato la divisa, come omaggio a tutti quei nostri ragazzi che, in divisa e con i colori della nostra Patria, tengono alto, ed a caro prezzo, il nome della nostra Italia.
Ricordando il Grigioverde
A Nicotera, Limbadi e Rombiolo qualche settimana addietro si è esibita la Banda della Brigata “Cremona”… non nascondo che ho provato un certo strano effetto appena ho letto i manifesti, come una nascosta voglia di ricordare e riflettere…
Ci sarà gente? Mi sono chiesto, quasi desiderando che non ci fosse più un angolo dove stare neanche all’impiedi. Ma, anche se c’era tantissima gente, ho trovato da collocarmi sia a Nicotera che a Limbadi.
Ed ecco i militari che un giovane Maresciallo dirigerà con certezza: sono giovani che prestano il servizio militare di leva: si vede in loro tutta la giovinezza che è sempre ardita e generosa nelle sue aspirazioni, nei suoi ideali, nelle sue esigenze; si vede in loro l’Italia, questa nostra suggestiva Nazione, alla quale altre Nazioni guardano con ammirazione per gli incalcolabili tesori d’arte, cultura, civiltà e bellezze naturali. E si vede in loro, nella divisa che indossano (e per tanta gente presente ai concerti può essere stata un’occasione di scoperta!), la testimonianza di un impegno solenne per la difesa dei fondamentali valori della libertà, dell’ordine, della giustizia e della pace.
La Costituzione della nostra Repubblica solo nel caso del servizio militare usa l’aggettivo “sacro” per qualificare un dovere.
Tanti ragazzi non vogliono fare il soldato perché nessuno ha mai spiegato loro a cosa serve, ma bisogna riconoscere che il servizio militare costituisce una occasione, in molti casi l’ultima, per un rapporto di socializzazione.
Non c’è periodo della vita più bestemmiato e, allo stesso tempo, più amato del periodo militare: tante sono le maledizioni e le imprecazioni prima e durante il servizio, altrettanti sono i ricordi e le buone impressioni che si ricordano quando è finito, ed anche se non si può negare che l’abbandono degli abiti civili per l’assunzione della divisa è estremamente disagevole, rimane sempre il fatto che il servizio militare, per molti versi, è una esperienza unica, irrepetibile…. Non si verificherà più nella vita di essere così strettamente a contatto con una varietà così multiforme di tipi umani.
Ecco perché vedere tutti quei ragazzi in divisa sul palco ha provocato un qualcosa che ha liberato i miei ricordi, facendo ripercorrere un periodo della vita, non tanto lontano, in cui per quindici incredibili mesi, anche io ho indossato la divisa grigioverde…
Nel vedere tutte quelle stellette, fissate sulle mostrine di quei ragazzi, mi è venuta in mente una pagina scritta da Guareschi, durante la prigionia, in un campo di concentramento: “ … ma di una cosa mi preoccupo: che le stellette siano sempre fissate alla mostrina del bavero. Nemico acerrimo del militarismo, queste piccole stelle io me le sento avvitate alla carne, e perderle sarebbe come dover rinunciare un po’ a me stesso…. Le stellette che noi portiamo… Vittime della guerra, l’orrendo male che l’umanità si sforza di rendere inguaribile e inevitabile, uomini italiani insanguinarono tutto questo secolo. E quando un soldato italiano muore, il suo corpo rimane aggrappato alla terra, ma le stelle della sua giubba si staccano e salgono in cielo ad aumentare di due piccole gemme il firmamento. Per questo, forse, il nostro cielo è il più stellato del mondo. Le stellette che noi portiamo non rappresentano soltanto la disciplina di noi soldati… ma rappresentano le sofferenze ed i dolori miei, di mio padre, dei miei figli e dei miei fratelli… per questo le amo come parte di me stesso, e con esse voglio ritornare alla mia terra ed al mio cielo”.
E anche se con gli occhi continuo a vedere sul palco quei ragazzi poco più che ventenni che, pur ritrovandosi assieme da poco più di alcuni mesi, esprimono una collaudata professionalità, con la mente rivedo il mio Battaglione, l’89° Fanteria Salerno, il mio Comandante, i miei amici… Mimmo, Francesco, Tonino, Sebastiano… gente che mi ha testimoniato il militare come un “servizio” e non soltanto come una professione.
A Cesano, alla Scuola di Fanteria, mi ha molto colpito la riflessione di un collega, dei nostalgici pensieri molto profondi, che ho trascritto sulla mia agenda: “Primo turno di guardia, prime ore lente e buie, monotono silenzio di Cesano. Tu sentinella sei sola con i tuoi pensieri che vagano lontano. Tutto ciò che è nel tuo cuore e nella tua mente, è soffuso da una nebbia leggera, impalpabile… E le ore passano… E lì vicino a te, senza la presenza della tua famiglia, di tua madre senti tutte le attenzioni. Riecheggiano nella tua mente i pensieri di tuo padre, ed il suo sguardo fiero ed orgoglioso che ti saluta alla stazione. E le ore passano… E rivedi il tuo paese, il giardino dove trascorrevi ore felici con la tua donna, quella panchina che ascoltò i vostri progetti e le vostre speranze! Pensi alla tua terra lontana, al mare che fu la tua culla, agli amici, chiassosi compagni di mille avventure. E le ore passano… E intanto il chiarore dell’alba: un nuovo giorno che nasce ed infonde speranza. Intravedi in lontananza delle forme umane che si stagliano fra la nebbia mattutina che si dirada… è il cambio che giunge puntuale e ti distoglie dai ricordi e dai mille pensieri. E l’inseparabile cane, compagno muto di cento notti trascorse all’aperto, non manca mai, lui è lì, silenzioso e scodinzolante, attende in silenzio uno sguardo, una carezza che lo renderà felice… Ormai è l’alba…”.
Ma… in piazza c’è tanta gente, completamente estranea ai miei pensieri, che si gode il concerto e applaude meravigliata alle note della “Calabrisella” forse inaspettata; si commuove alle note del Nabucco ed ascolta dritta e fiera l’inno di Mameli. Certo, certe bande offrono il professionismo su un piatto d’argento. Ma cosa può esserci di più esaltante della nobile offerta di questi ragazzi che, in grigioverde e sotto lo direzione del Maresciallo Michele Scelsi, commuovono la piazza facendola vibrare con le note di Verdi e di Mameli: ognuno di loro ha, sicuramente, sofferto emozioni e fatiche per dar luogo ad un simile concerto in favore di tutti.
E’ una bella emozione godersi un concerto confezionato non con l’etichetta “per intenditori”…E la gente non ha altri modi per manifestare la sua gioia che con il vigore degli applausi… ed in effetti gli applausi non si contano… ed io mi associo, entusiasta, mentre il concerto continua… e mi ci imbarco, tra quelle divise, da clandestino, in jeans e maglietta, e per un attimo mi sembra di ritrovarmi in diagonale, fascia e sciabola sull’attenti al suono delle note del nostro Inno Nazionale…