GIOVANNINO GUARESCHI

NEL CENTENARIO DELLA NASCITA DI GUARESCHI

Giovannino Guareschi

Giovannino Guareschi

Il primo maggio del 1908 veniva al mondo Giovannino Guareschi: quel testardo e straordinario personaggio che, con le sue opere (che mi sono “divertito” a leggere e rileggere più volte!), toccò il cuore, il sentimento e la coscienza degli italiani, non solo dell’immediato dopoguerra, ma anche di quelli dei nostri giorni.
Difficile dire chi era Guareschi, perché la sua personalità era tanto forte e complessa, anche se è facile dire che non fu solo un grande umorista, il creatore di don Camillo e Peppone, ma anche uno dei più importanti scrittori del ‘900, che ha scritto una importante e significativa pagina della storia italiana, di cui nessuno parla, soprattutto nelle scuole.
Guareschi mi ha fatto ridere, commuovere, riflettere… mi ha fatto compagnia in tante situazioni piacevoli o tristi… e me ne fa ancora, ogni volta che riprendo in mano un suo libro: “Non muoio nemmeno se mi ammazzano”, questa è stata la, assurda quanto stupenda!, promessa che ha fatto alla moglie quando è partito in guerra, per non farla preoccupare…
A ben vedere sono tanti i motivi per dire “grazie” a Guareschi… anche per aver creato due personaggi come don Camillo e Peppone: due personaggi incredibili nati dalla fantasia, e dal cuore, di uno che aborriva violenza e sopraffazione… due personaggi nati “là dove per un ‘comunista boia’ la gente era capace di spararsi sulla fronte, là dove il prete era ben visto come un bacarozzo nella minestra, là dove tutto era rosso… persino il manto delle Madonne incastonato nelle adorabili maestà sparse sugli argini del Po è rosso fuoco”.
Proprio in una terra come questa Guareschi compì, con le sue storie, un miracolo d’amore… ed i due amici-nemici, don Camillo e Peppone, furono in grado di ergersi come giganti dell’umanità in mezzo al fango, non tanto dovuto alle terribili inondazioni del grande fiume, quanto alle più grandi miserie umane. Scriveva nella prefazione alla prima edizione di don Camillo:

Gli uomini cercano di correggere la geografia bucando le montagne e deviando i fiumi e, così facendo, si illudono di dare un corso diverso alla storia. Ma non modificano un bel niente, perché un bel giorno tutto andrà a catafascio. E le acque ingoieranno i ponti, e romperanno le dighe, e riempiranno le miniere. Crolleranno le case e i palazzi e le catapecchie, e l’erba crescerà sulle macerie e tutto ritornerà terra”.

Negli anni Cinquanta, non ci fu in Europa uno scrittore italiano più popolare di lui. Se poi parliamo della notorietà mondiale di don Camillo e Peppone, il solo confronto possibile è quello con Pinocchio.
Il giornalista Michele Serra, che nel 1994 ripubblicò il “Mondo Piccolo” come allegato al settimanale Cuore, ha scritto:

 Fernandel e Gino Cervi nei panni di Don Camillo e Peppone

Fernandel e Gino Cervi nei panni di Don Camillo e Peppone

I preti li conoscevo già. Ma mi erano noti come una schiatta esangue, che parlava a bassa voce e aveva una stretta di mano debole e fredda. Don Camillo ribaltò il mio immaginario curiale. Che idea geniale fare di un prete un uomo d’azione, una specie di supereroe più intrigante di Richelieu, più curioso di Padre Brown, più manesco del frate Tuck di Sherwood, più animoso dei Templari di Walter Scott. Con tanto di ultrapoteri conferitigli direttamente dal suo nume. Dei comunisti, invece, non sapevo nulla. Mi piacque parecchio la parola. Produceva un suono acuminato e affascinante, lo stesso che cominciavo a sentire echeggiare nelle conversazioni dei grandi. In attesa di saperne di più, mi adattai a considerarli alla stregua di una banda, la banda rivale di quelli di don Camillo. Dopo gli achei e i troiani, i cristiani e i mori, i cow-boys e gli indiani, ora mi veniva regalato un nuovo antagonismo avventuroso, quello tra preti e comunisti… Quanto alla mia primitiva simpatia per Peppone, posso confermare la piena corresponsabilità di Guareschi. Il vero pericolo, per Guareschi, non era e non poteva essere interno al “mondo piccolo”. Era fuori di esso. Se è indiscutibile che il vero buono è don Camillo, il vero cattivo non è Peppone. Sono gli uomini che arrivano dalla città a scompaginare i ritmi e i valori della campagna, della famiglia patriarcale, del tempo circolare, eterno e ripetitivo, che regola le stagioni e fa crescere, insieme al grano, anche i pali di gaggia da calarsi sul groppone. Il populista Guareschi si servì dell’ideologia di Peppone per sbugiardarla, ma contava molto su Peppone. Per il solo fatto di essere un uomo della Bassa, il compagno sindaco Bottazzi non poteva davvero tradire l’ethos ed i suoi valori antichi…”.

Giovannino Guareschi

Giovannino Guareschi

E non è certamente azzardato affermare che servirono più le vignette di Guareschi che tanti comizi, di vecchi e nuovi notabili del tempo, per l’affermazione della libertà nel nostro Paese, dove il clima di quegli anni non era certamente dei migliori. Tanto per citare qualche esempio l’organo della Gioventù Italiana di Azione Cattolica, Azione Giovanile, uscì con questo titolo a otto colonne: “Guareschi ovvero lo scarafaggio”. Sotto il titolo, la foto di uno scarafaggio morto sul palmo di una mano, con questa didascalia: “Quando certi individui ti danno la mano succede di provare un senso di ribrezzo”.
Guareschi morì d’infarto, a soli 60 anni, il 22 luglio del 1968: ai funerali si videro solo pochi amici e l’Unità titolò: “Malinconico tramonto dello scrittore che non era mai nato”, mentre un’altra notissima testata commentò la morte di Guareschi con questa poco profetica affermazione: “Peppone e don Camillo sono premorti al loro autore”.
Ma il tempo è stato galantuomo e, a dispetto di tanti stupidi detrattori, Giovannino Guareschi è lo scrittore italiano più letto nel mondo, con traduzioni in tutte le lingue e cifre di tiratura da capogiro, a dimostrazione di un talento che nessuna censura e malvagità ha potuto soffocare.
E… quante volte mi capita di pensare, alla ormai rispettabile età di 100 anni, Guareschi tra noi, in questi giorni di forti contrasti politici… mi piace immaginarlo in una di quelle osterie della Bassa che profumano di vino buono, salame, formaggio (e imprecazioni!…), a gustare un buon bicchiere di lambrusco, mentre su una cartaccia del formaggio “crea” una nuova vignetta, o un racconto, sul Veltrusconismo, con Bossi, Berlusconi, Veltroni, Bertinotti, Di Pietro, Casini, Fini e compagnia bella… Che sfizio sarebbe stato!…

Pubblicato 01 maggio 2008

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