STASERA CON “I VAMPATI” INIZIA LA FESTA DELLA MADONNA DELLA MONTAGNA

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Stasera, 28 agosto, con l’accensione dei falò si darà inizio alla novena della festa della Madonna della Montagna a Galatro: dopo la messa, con le tradizionali “vampate” iniziano i festeggiamenti.Un tempo, non solo i bambini, raccoglievano per giorni la legna, formando una catasta che con il passare dei giorni diventava sempre più alta. In tanti, oggi adulti, ricordano “quanta legna hanno raccolto da piccoli, e come erano buone le pannocchie (‘i vijozza!), le patate ed i peperoni arrostiti sulla brace che si formava quando si esaurivano le fiamme!”.
Una piccola perla che racconta le “vampate” l’ha scritta Umberto Di Stilo, ed io non ho perso occasione di pubblicarla più volte, e anche quest’anno la riporto in questo scritto.
Qualche anno addietro, a commento dell’articolo di Umberto è intervenuto don Gildo, parroco della Chiesa della Montagna del 1972 al 1983, che sapientemente, “facendo memoria dei suoi falò” è riuscito da “pastore attento al suo gregge” a ricordare “il nome ed i volti impressi nella sua mente di tutte quelle persone che non mancavano mai a questo solenne appuntamento”.
Un articolo, quello del prof. Umberto, e una paterna testimonianza, quella di don Gildo, che sono contento di presentare nella mia pagina web proprio all’inizio della novena per la Madonna della Montagna. (michele scozzarra)

Don Gildo Albanese

Don Gildo Albanese

Caro Michele, ben tornato!

Certamente i miei ricordi sono vivi e restano sempre impressi nel mio animo. Per tornare nella realtà dell’evento e non vivere solamente fermandosi ad un semplice ricordo, per me il falò è il segno di una Presenza. Vedo attorno al falò una comunità viva, reale, fatta di persone che nel corso degli anni erano presenti attorno a questo segno che ha un valore profondamente biblico. Come non ricordare il roveto dal quale Dio parla? É una comunità che come Mosè ascolta Dio e dialoga con Lui. É pensare al falò come all’espressione di un bisogno, l’uomo ha bisogno di Dio e Dio si fa trovare per mezzo di Maria.

prima processione della Montagna di don Gildo....

Questa sera, facendo memoria dei “miei” falò cercherò di ricordare tutte le persone che non mancavano a questo solenne appuntamento, anche se di tutti non ricordo i nomi ma il volto dei più è impresso nella mia mente; come non ricordare il carissimo Carmelino Cordiani sempre presente che con l’armonia dell’organo e il canto creava il clima adatto per la preghierae Lorenzo Demasi, Angelina e Peppina Marazzita e le Sig.ne Lorè e la Sig. Tetè Trungadi, e Rocco Cannatà e l’indimenticabile Sig.na Caterina Cannatà? Persone che ora in Paradiso vivono in pienezza e non coi segni il Volto di Dio. Quante sono? Non lo so, certamente non erano numeri o fantasmi per me ma persone che avevano una tenera devozione per la Madonna della Montagna. Auguri a voi tutti, buone Feste Mariane.

don Gildo Albanese

 

Momenti della vita parrocchiale di Don Gildo a Galatro

L’ACCENSIONE DEI FALO’ E LA CALATA DELLA MADONNA INTRODUCONO I RITI DELLA NOVENA

di Umberto Di Stilo

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Con l’accensione del grande falò allestito per tempo nella piazza retrostante la chiesa e la contemporanea accensione di quelli che i fedeli hanno appositamente predisposto negli slarghi rionali e nelle aie dei piccoli agglomerati abitati delle contrade montane, questa sera, a Galatro si darà ufficialmente e solennemente inizio alla novena di preparazione alla festa in onore della Madonna della Montagna, protettrice delle messi e compatrona del paese. Il rito è secolare ed è stato tramandato di generazione in generazione come momento di preghiera e di devozione.

Con alcuni giorni di anticipo i fedeli si recano nei boschi vicini al paese alla ricerca delle fascine (“frasche”) che serviranno ad alimentare il grande fuoco, e man mano che avviene l’approvvigionamento, al centro della piazza retrostante la chiesa la catasta di legna e di frasche diventa sempre più alta. Solo così il falò potrà bruciare a lungo e le fiamme (“i vampati”) riusciranno a squarciare il buio della notte e ad illuminare a giorno la grande piazza, creando un’atmosfera altamente suggestiva.

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Tra i fedeli, così come in passato, ancora oggi le vampate hanno importanti significati allegorici. Le fiamme, infatti, simboleggiano la Fede (e la devozione alla Madonna) che squarcia il buio del peccato. Proprio per questo devono essere a lungo alimentate e mantenute alte. Il più alte possibile, quasi che quelle lingue di fuoco, alzandosi verso il cielo, vogliano indicare la strada da percorrere per raggiungere la salvezza dell’anima e la luce della beatitudine celeste. Attorno al falò, subito dopo la sua accensione e la benedizione del parroco, gruppi di fedeli recitano preghiere e intonano canti alla Madonna. E’ un anticipo di quelli che a cominciare dalla sera successiva canteranno in chiesa durante le funzioni vespertine della novena.

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Fino ad alcuni decenni addietro, quando il buio della sera calava sul paese, sulle cime delle colline di Salìce, Castellace e Donna Imperi era possibile scorgere lontani chiarori rossastri. Erano prodotti dalle fiamme dei falò che i massari provvedevano ad accendere nelle aie delle loro abitazioni come segno di sentita devozione alla Madonna, da sempre venerata come loro protettrice. Secondo una antica tradizione, infatti, fu proprio un pastore che nella valle di Polsi, scavando sul luogo ove un suo giovenco si era improvvisamente inginocchiato, ebbe la fortuna di trovare la statua della Madonna che, poi prese il nome di Maria SS. della Montagna. E il giovenco che c’è ai piedi della settecentesca statua galatrese, opera lignea di Domenico Delorenzo, vuol ricordare proprio quell’episodio.

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Inoltre, era viva e diffusa la tradizione che la cenere prodotta dalle fascine accese per le “vampate”, venisse raccolta dai contadini e dalle massaie. I primi provvedevano a spargerla nei loro campi come atto propiziatorio per un futuro abbondante raccolto e le seconde la spargevano negli angoli più segreti della casa come gesto scaramantico contro incendi, fulmini e, soprattutto, contro il malocchio. Sacro e profano si univano nel segno della profonda e sincera devozione alla Madonna.I tempi sono mutati.

Umberto Di Stilo

Umberto Di Stilo

All’emigrazione che ha spopolato le contrade montane ed ha messo in crisi l’intero comparto agricolo si è aggiunta una maggiore cognizione del sacro e, per conseguenza, una più consapevole distinzione tra ciò che ricade nella sfera della fede e ciò che, invece, fa parte della superstizione. Comunque, anche se nessuno più raccoglie la cenere dei falò per utilizzarla come sostanza scaramantica, non potrebbe esserci avvio della novena della festività della Madonna della Montagna senza l’accensione di quei fuochi sacri a cui i fedeli, da sempre, hanno attribuito il nome di “vampati”.

 

 

 

Dall’ agosto L'altare della chiesa della Montagna come si presentava nei primi anni '502013, l’accensione del falò è preceduta dalla “calata” della Madonna. La “calata” secondo la secolare tradizione, voleva che la Madonna, sera dell’antivigilia e a conclusione della solenne liturgia della novena, lasciasse la sua nicchia per “scendere” fisicamente tra i fedeli, che da ore affollano la chiesa del rione Montebello. Il momento, per i suoi significati interiori, è sempre stato quanto mai toccante. Non di rado, infatti, gli occhi di molti fedeli, nel vedere avvicinare verso di loro la settecentesca statua lignea, prima si arrossano e poi si gonfiano di lacrime non trattenute.
Una volta – fino ai primi anni trenta – “ ’a calata” era appesantita da momenti scenografici che non di rado scadevano nel folklore. A ridurla all’essenziale e ridare valore spirituale e devozionale a quel momento, ha provveduto -a metà degli anni trenta dello scorso secolo- il parroco Teti che è riuscito a vincere l’opposizione di quanti, tra i fedeli, volevano conservare tutta la folkloristica scenografia. Il rito della “calata”, nella sua scarna semplicità, va oltre l’avvenimento fisico per assumere intensi significati spirituali. E’, infatti, la Madonna che si accosta maternamente ai suoi fedeli che da un anno aspettano quel momento per avere l’opportunità di sfiorarLa con le dita o, più semplicemente, perché prostrati in preghiera possano chiedere confidenzialmente il Suo intervento, il solo capace di lenire le angosce e le preoccupazioni del quotidiano.
Sono momenti di intense emozioni perché nella chiesa gremita si coglie chiaramente il dialogo silenzioso che si instaura tra i fedeli e la Madre celeste rappresentata dalla bella statua; un dialogo fatto di profondi ed eloquenti sguardi, che i più anziani, non di rado, accompagnano con qualche leggero colpo che con la mano chiusa si danno sul petto, quasi a voler sottolineare l’urgenza della richiesta.

Foto Galatrese di un tempo

Foto Galatrese di un tempo

La “Calata della Madonna” a cui i galatresi, da sempre, attribuiscono grande valore devozionale, in concreto, fino a prima della innovazione voluta dal parroco Don Calimera, introduceva ai riti dei due giorni di festa che trovano il loro culmine nella solenne processione pomeridiana che, l’otto settembre, con grande partecipazione di fedeli, interessava tutte le vie del paese.
Quest’anno la processione mancherà. La Madre celeste che i galatresi personificano nella immagine della Madonna della Montagna non passerà fisicamente per le vie a far visita a quanti, impediti nel fisico, non hanno avuto la possibilità di andarla a trovare nella sua chiesa ed a chiedere da vicino, quasi a contatto fisico, la Sua materna protezione.
Quest’anno la bella statua, dal dolcissimo volto di madre attenta e premurosa, resterà in chiesa sempre pronta ad accogliere quanti si accosteranno a Lei con la filiale devozione che i fedeli di Galatro da secoli Le riserbano.
La settecentesca statua, tornerà nella sua nicchia posta sull’altare maggiore della chiesa, a conclusione dei riti serali dell’ottava della festa. (Umberto Di Stilo)

PS: La nota di Umberto Di Stilo, riportata sopra, è stata pubblicata quando era ancora in vigore la “misura cautelare” (oggi revocata) che in maniera, tanto inutile quanto inopportuna, ha bloccato per due anni le processioni nella nostra diocesi (e solo nella nostra diocesi!).

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