SIAMO TUTTI SOLDATI DI UNA GUERRA CHE SI CHIAMA VITA

Ho avuto modo di scrivere, in diverse occasioni, di quando il poeta Rainer Maria Rilke s’imbatté in una elemosinante. L’amico che lo accompagnava le dà uno spicciolo. Rilke tira dritto, ma giunto presso un fioraio compra una rosa e di ritorno solleva la donna e gliela regala. Il poeta coglie la sacralità ferita di quella donna, difende la sua dignità di “amata”, sacralità e dignità che l’anonimo spicciolo privo di uno sguardo negli occhi non riesce ad abbracciare e restituire. I poeti, con i bambini e i santi, sono i custodi del mistero. Anche Ungaretti, scorge, nelle deportazioni della II guerra mondiale, mani folli che strappano via dal volto umano ciò che lo rende umano, cioè l’essere immagine di Dio: “Ora che nelle fosse / con fantasia ritorta / e mani spudorate dalle fattezze umane l’uomo lacera / l’immagine divina”. Di questo dobbiamo parlare quando accadono eventi meno apocalittici, ma non meno tragici come i terribili, drammatici, diabolici fatti di cronaca ai quali abbiamo assistito con sgomento in questi ultimi mesi. Continuiamo ad assistere, come sempre accade in queste circostanze, al levarsi di malinconiche voci a significare nella modalità del piagnisteo o dello sdegno che la civiltà è al capolinea. Si girerà, in modo politicamente corretto, attorno all’unico vero problema centrato dai poeti: dove va a finire “la persona” se non vediamo più qualcosa di sacro nel volto “delle persone”? La perdita del senso del sacro nel quotidiano è la più grande tragedia della cultura contemporanea, la tragedia che ha causato nel secolo più ateo della storia due guerre mondiali, e oggi temiamo perché non sappiamo cosa ci riserva il prossimo futuro.

Tutti inorridiamo di fronte a casi come quelli riportati dalla stampa in questo periodo: tutti noi, convinti di essere signori di minuscoli regni, soli al centro del creato, disprezziamo le persone che affollano il “nostro” vagone del metrò, intralciano la “nostra” coda al supermercato. Tutte le volte che non riusciamo a scorgere nell’altro una persona degna di tutta la nostra attenzione, la diminuiamo e diventiamo potenziali “omicidi”. Ma esiste un antidoto a tutte queste barbarie ed è la “novità” del cristianesimo, la vera buona notizia, è che Dio ha un volto umano e tutti gli uomini hanno quello stesso volto. Non è questione di “tolleranza” o “simpatia”, assolutamente insufficienti a sentire la realtà dell’altro tutto intero, ma è questione di “empatia”: sentire l’altro come qualcuno dotato della mia stessa dignità. Nella coda al supermercato la donna piena di pacchi non è una potenziale nemica da sconfiggere, ma qualcuno che ha una storia sacra, perché la storia di ogni uomo è sacra, perché quell’uomo è voluto dall’eternità da Dio. Questa è la configurazione esistenziale di base del cristiano. Solo il cristianesimo ha la pretesa folle di trasformare quelli nel traffico con me da nemici da eliminare a figli dello stesso Padre e quindi fratelli con difficoltà e problemi importanti persino più dei miei.

Per gli antichi Dio era solo la maschera dell’attore. Cristo ha reso quella maschera il volto stesso di Dio, riconoscibile più direttamente nel debole (l’anziana in piedi, l’elemosinante in ginocchio, il barbone coricato…), ma presente in ogni volto umano (il manager abbronzato, lo studente svogliato, la vicina chiacchierona…). Una cultura, priva del mistero cristiano, non perde Dio, ma perde l’uomo. Non è un caso che Benedetto XVI abbia parlato più volte della necessità di una nuova evangelizzazione, non solo dove il volto di Cristo non è noto, ma soprattutto dove è stato sradicato: “Si è verificata una preoccupante perdita del senso del sacro, giungendo persino a porre in questione quei fondamenti che apparivano indiscutibili… Se tutto ciò è stato salutato da alcuni come una liberazione, ben presto ci si è resi conto del deserto interiore che nasce là dove l’uomo, volendosi unico artefice della propria natura e del proprio destino, si trova privo di ciò che costituisce il fondamento di tutte le cose”.

C’è una verità che, in questi casi, resta sempre “non detta”, perché è scioccante e mette tutti noi con le spalle al muro. Ogni istante camminiamo su uno strapiombo, sull’abisso e gran parte delle cose che facciamo servono a distrarci dal pensiero della nostra incombente mortalità e della nostra precarietà. Rimuoviamo sempre e cerchiamo di dimenticare questo pensiero. Ungaretti rappresentò così la condizione dei soldati nelle trincee: “Si sta come/ d’autunno/ sugli alberi/ le foglie”. Ma siamo tutti soldati di una guerra che si chiama vita. I saggi dicono che il pensiero della precarietà della vita è l’inizio della sapienza. Le nostre nonne non avevano studiato, ma si erano laureate all’università della vita e, avendo attraversato tanti dolori e tante prove, sapevano e insegnavano queste verità profonde: adesso sei vivo e forte, pochi secondi dopo non ci sei più o non hai più coscienza di te.

Nella Bibbia un salmo recita: “Come l’erba sono i giorni dell’uomo,/ come il fiore del campo, così egli fiorisce./ Lo investe il vento e più non esiste/ e il suo posto non lo riconosce”: in questa “grande solitudine” qualcosa di terribile e oscuro è avvenuto, e ora la vita appare all’uomo come un’illusione fugace, un sogno ingannatore e vano: “vanità delle vanità. Tutto è vanità”. Appare così. Eppure non è vero neanche questo. Con gli occhi della fede cristiana perfino la morte, che è l’addio definitivo, viene vinta e trasformata: è solo un arrivederci di pochi giorni. E’ questo il grido trionfale degli esseri umani toccati dalla grazia del cristianesimo. E così tutto, proprio tutto, cambia di segno e la vita diventa come un malinconico stare a guardare, sulla riva del mare, una barca con le persone e le cose amate che si allontanano sempre più all’orizzonte fino a sparire.

Ma dopo la resurrezione di Cristo è tutto rovesciato: è come stare sulla riva e veder avvicinare sempre di più le persone e le cose amate. Così l’esistenza terrena diventa il tempo della grande scelta per la salvezza.

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Una risposta

  1. carmelo zito ha detto:

    A mio modesto parere, riflessione perfetta, è tutto quelli che oggi succede.

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