CORONAVIRUS, MORTI IN ITALIA 18.000 PERSONE: NON ERANO NUMERI MA I NOSTRI CARI!

Hanno fatto il giro del mondo, rimbalzando su Twitter, Facebook, Instagram, le immagini ed i video della colonna di mezzi militari italiani che hanno attraversato Bergamo, per trasportare i feretri dei morti da Coronavirus che il camposanto della città lombarda non riusciva più a contenere. Le bare, collocate su una trentina di camion dell’Esercito Italiano, erano centinaia e sono state trasferite in diverse città italiane, dove sono state cremate, senza che i familiari potessero accompagnarli nel loro ultimo viaggio.

Sui media rimbalzano ogni giorno aride cifre: morti in Italia quasi 18.000 persone (in media tra i 500 e gli 800 al giorno) dall’inizio della pandemia… ma non sono solo numeri. Hanno tutti un nome, una età, una famiglia che amavano e li amava e tante cose ancora da fare. Ma, purtroppo, sono morti “in silenzio, senza disturbare”.

Che morale trarre da questa tragica vicenda? Tutti questi morti ci dicono che non c’è nulla di più disumano di una morte così leggera da non disturbare nessuno, dello svanire nel nulla, senza procurare uno sfrigolio di dolore, perché non siamo nati per questo, per essere dimenticati in vita e sparire morendo in silenzio.

Quelle “anonime” bare gridano qualcosa, che non sono degli “Zero”, ma sono uomini e donne con un volto che hanno avuto un destino crudele. Erano padri, madri, zii, nonni, amici. Nostri parenti, nostri cari: musoni, egocentrici, buffi, tirchi, profondi, chiacchieroni, sboccati, allegri, generosi, belli e brutti! Unici e preziosi. Ora sono tornati al Mistero che li ha fatti nascere, senza uno sguardo, senza una carezza, senza fiori né terra, sono ritornati ad occupare il loro posto in Cielo dove per loro c’è in serbo la corona della giustizia.

Questo sentimento amaro e questa sofferenza lo ha ben espresso l’attore Gabriele Corsi, che sui suoi profili social ha pubblicato la foto di un’immagine sfocata dei necrologi, accompagnata da una sua poesia: “Era mio padre

ERA MIO PADRE

Quello della foto un po’ sfocata nei necrologi di ieri.
Era mio padre.
Lo ricordo con una barba nera nera che mi insegnava a dare calci a un pallone nel parco sotto casa.
Era mia madre.
Quella signora elegante morta da sola in ospedale perché non si poteva entrare.
Il dolore più grande. Lei. Da sola.
Era mia madre.
Che mi faceva posto nel letto grande quando avevo la febbre e mi sembrava, sempre, l’unica cura possibile.
Era mio zio.
Quel signore con gli occhiali che se n’è andato tra i tanti ieri.
Era mio zio.
Lo stesso che mi portava a giocare con i modellini di aerei e mi faceva volare restando con i piedi a terra.
Era mia zia.
La signora senza foto. Solo data di nascita e di morte.
Era mia zia.
Perché non possiamo neanche andare a casa sua a cercare una polaroid che la ritragga. Lei che a Natale mi ha regalato la prima macchina fotografica.
Erano mio padre.
Erano mia madre.
Erano i miei zii, i miei vicini, i genitori, i parenti dei miei amici.
Quelli che, adesso, non possiamo piangere.
Quelli che, adesso, non possiamo abbracciarci per lenire il dolore.

Quelli che tu non sai chi sono.
Ma io sì.
Quelli che, per qualcuno, sono “muoiono solo i vecchi”, “sì, ma erano già malati”, “ne muoiono molti di più per altre cause”.
E, se sei tra quelli, vuol dire che questo, tutto questo, non ti ha davvero insegnato niente.

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Una risposta

  1. Lucà Romualdo ha detto:

    Grazie Michele per questo tuo aggiornamento. Speriamo, un giorno, di poter avere dei numeri veri su questa brutta vicenda del covid -19. Più che a noi serve alla comunità scientifica per capire cose che oggi sfuggono. La drammaticità che notiamo è che non si capisce chi ha ragione; dentro la scienza c’è una veduta diversa di opinioni. La domanda è: quanti davvero sono morti di covid-19? A guardare il sito del Ministero, per esempio, nel 2017/18/19 ci sono stati morti anche superiori a quanto sta accadendo oggi. (Per influenza) Quindi cosa sta accadendo oggi? Cosa non ha funzionato? Perché la politica ha abbandonato il piano d’azione nella prevenzione? Le domande sono tante, qualcuno prima o poi ne dovrà rispondere.
    Un caro saluto, Romualdo.

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