LA STORIA SI RIPETE IN TUTTO: NELLE PANDEMIE CAMBIA SOLO IL NOME…

L’altra sera tra i miei vecchi cd-archivio, alla ricerca di alcune foto, ho trovato una cartella che conteneva dei file di almeno 10-15 anni addietro. Negli anni passati ho spesso aiutato dei giovani amici a preparare dei temi di attualità su “probabili” tracce che potevano essere proposte nella prova di italiano agli esami di maturità. Uno dei file che ho trovato, datato sicuramente prima del 2010, riguardava un componimento proprio sulla “pandemia” e le paure ad essa legate, collegate in una maniera impressionante ai capitoli dei “Promessi Sposi” dove il Manzoni descrive la diffusione della peste. Devo dire che leggendo ho provato un misterioso brivido per l’attualità presente oggi in questo brano, e nonostante la sua semplicità di “temino scolastico”, con tutti i limiti che si possono riscontrare nello scritto, penso che è importante inserirlo nella mia pagina web. E’ un tema sul quale riflettere, che ci dice che se è vero che “la Storia si ripete”, non possiamo fare finta di non conoscere la lezione… ne pagheremmo tutti amaramente le conseguenze.

Alessandro Manzoni nel 1821 concepì un romanzo che aveva come sfondo storico la Lombardia degli anni 1628-30 dominata dagli Spagnoli, e come vicenda d’interesse fantastico quella di due popolani il cui matrimonio era contrastato da un prepotente. Nel 1823 il romanzo era già scritto, col titolo “Fermo e Lucia”. Riveduto nella struttura, fu poi pubblicato col titolo “I promessi sposi” ed i capitoli XXXI e XXXII sono interamente dedicati ad una digressione storica sulla peste a Milano. In questa sua indagine sulla diffusione della peste nel Seicento, Manzoni si affida ai testi del tempo. Per il Manzoni, la peste è l’ultimo anello di una serie di sciagure legate all’ignoranza e alle tradizioni negative del tempo e si inviperisce contro il governo che “ordinava pubbliche feste” in tempo di peste, aumentando di gran lunga la possibilità di un’espansione del contagio, accuse rivolte alla società del tempo che con piccole precauzioni avrebbe potuto salvare migliaia di persone.

Quando pervenivano le prime notizie sulla peste, le autorità emanavano editti che, per le imperfezioni e per la trascuratezza nell’eseguirli, non portavano a significanti risultati. In questo modo, il contagio non si arginava. Inoltre, appena perveniva la notizia di una morte per peste, le autorità obbligavano coloro che erano stati in contatto con il defunto ad una quarantena forzata in casa o nei lazzaretti. La popolazione prendeva sottogamba il problema della peste e non faceva nulla per evitare il contagio. Poi c’era in giro la diceria degli untori, persone che ungevano con olio infetto i portoni delle case dei cittadini, contagiandoli ed il popolo si accaniva contro il presunto untore anche se questo era innocente. Il Manzoni cita diversi casi in cui degli innocenti venivano accusati di essere degli untori. L’untore era il capro espiatorio di una società che non sapeva far fronte ai problemi causati dalla peste.

Ovviamente gli untori, nonostante alcuni racconti del tempo, non sono mai esistiti, ma sono stati creati per evitare di ammettere pubblicamente il contagio della peste. La psicosi della peste rese la folla più simile a degli animali feroci che a delle persone pensanti in maniera civile e, piuttosto che ammettere la presenza del morbo pestifero, preferirono credere a mistificazioni sotto il nome di “untori” e farne capri espiatori per il loro gusto di rivalsa e vendetta.  Tra tutti, il Manzoni salva il Cardinale Borromeo il quale tentava di fermare l’espansione del contagio ed era uno dei pochi a negare l’esistenza degli untori. La paura è antica quanto il genere umano, è un istinto primitivo, preesistente ad ogni forma di intelligenza, razionalità e cultura. Sin dai suoi primordi l’umanità ha imparato a convivere con la paura, nel corso dei lunghi millenni l’uomo ha tentato di esorcizzare le sue paure, anche oggi, in un’epoca dominata dall’ultra-razionalismo scientistico e da un delirio di onnipotenza tecnico-utilitaristica, la paura è un elemento costante della nostra esistenza di creature fragili e mortali. Essa assume innumerevoli manifestazioni, si insinua nei meandri più oscuri e reconditi dell’animo umano.

Nell’Europa post-secolarizzata e post-illuminista s’aggirano nuovi démoni e nuove ossessioni, a cominciare dal terrore delle pandemie paragonate alle peggiori pestilenze del passato. Oggi televisione, radio e internet da un lato e giornali, riviste e libri dall’altro, con i loro messaggi, determinano una “tempesta” comunicativa sulla gente che genera spesso ansia, confusione e panico collettivo. Per questo è importante educare le persone a un rapporto sereno maturo e critico con la realtà che si vive, sapendo che viviamo in un mondo complesso, che in determinati momenti deve condizionare verso il bene il nostro stile di vita, soprattutto quando si tratta della salvaguardia della salute e della sua tutela.

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