NATALE… CON LO SGUARDO SU QUELLA SEDIA VUOTA
Natale è arrivato e, anche quest’anno, riaffiorano alla mente i ricordi dell’infanzia,quando la vita era scadenzata da date ben precise: il primo ottobre iniziava la scuola, i primi di novembre ci si fermava per la ricorrenza dei morti e dei caduti… poi la strada tutta in discesa verso il magico periodo natalizio. Nel solco della tradizione, già dal giorno dell’Immacolata, si iniziava a preparare l’albero ed il presepe, mentre a scuola i maestri ci esortavano a pensare cosa scrivere nella letterina a Gesù Bambino, da mettere sotto il piatto del nostro papà durante il pranzo di Natale: il tutto nel segno di una liturgia millenaria che dedicava, in modo particolare, ai bambini le feste della Natività.
Scriveva il laico, non-credente e dubbioso, Dino Buzzati: “Sul Natale sono state dette fiumane di parole, scritti centinaia di libri, migliaia di racconti e poesie. A prima vista sembra che, per parlarne ancora, ci voglia una buona dose di coraggio. Ma non è vero, non se ne parlerà mai abbastanza. Il Natale ritorna ogni dodici mesi, allo stesso giorno 25, con precisione matematica, non è quindi una cosa molto rara. Tutti sanno come è fatto, tutti potrebbero descrivere in anticipo nei minuti particolari quello che accadrà nelle case. Eppure se ne resta sempre sbalorditi”.
L’inesorabilità del Natale altro non è che l’inesorabilità del tempo, ma anche molto altro di più. La notte di Natale non è una notte qualsiasi, ma è “la” notte: notte dell’attesa innanzitutto, del mistero della vita come attesa di un sentimento tremendo e, allo stesso tempo, imprevedibile e misterioso. Un’attesa che nel Natale è associata a qualcosa che ha a che fare con la speranza… la speranza a lasciarsi andare, a ritrovare il coraggio a tornare alle cose belle della vita, perché, lo si voglia o no, il Natale è dentro di noi e scandisce, fin da quando siamo bambini, la nostra esistenza e le nostre trasformazioni, ci insegue per tutta la vita e se noi non lo cerchiamo, è lui a trovarci, a pungerci soprattutto nell’aprire la memoria al nostro passato.
Nei giorni scorsi, ho avuto modo di leggere un piccolo racconto “natalizio” di una giovane ragazza straniera che, forte dei suoi buoni e saldi principi, cercava di difendere gelosamente, nella nostra terra e all’interno del suo nucleo familiare, i piccoli sprazzi di una tradizione “natalizia” maturati nell’infanzia in una terra lontana dalla nostra, per rendere l’atmosfera della sua casa più magica e religiosa in questo particolare periodo dell’anno: “Sai qual è il ricordo più bello che conservo del Natale nella mia terra? Quando mio papà portava me e mia sorella con la slitta a comprare l’albero di Natale, quello vero, profumato… che sulla neve, negli appositi recinti, tra tutti gli alberi scuri e pungenti, sembrava stesse aspettando proprio noi… e solamente appena giunti a casa, una volta liberato dallo spago, a contatto con il calore della nostra casa, sprigionava l’allegria ed il profumo del bosco. Tutto questo avveniva nella sera della vigilia di Natale, mentre mia mamma preparava la cena di 13 portate, tutte semplici ma molto saporite. E poi, la preghiera e la divisione dell’Ostia, prima di occupare i posti a tavola, con lo sguardo timido, rivolto verso quel posto vuoto con un piatto in più a tavola, lasciato lì, prontissimo ad accogliere un eventuale ospite senza tetto o famiglia… Inevitabilmente mi viene in mente anche il ricordo di quando andavo alla messa di mezzanotte, subito dopo la cena della vigilia… il silenzio e la luce che dava la neve, con il rumore caratteristico dei passi nella neve fresca… ed il silenzio particolare che rispecchiava la speranza del Natale”.
Già la speranza del Natale… e perché no!, anche la “misericordia” del Natale, soprattutto attraverso l’immagine, ed il significato, di quella sedia “vuota” che insinua addosso una strana inquietudine… l’inquietudine del pensiero da chi potrebbe essere occupata… chi, incredibilmente, vorremmo vedere lì, davanti ai nostri occhi, come per miracolo materializzato e presente al nostro banchetto, qualcuno con il quale non c’è stato tempo per comprendersi, capirsi, perdonarsi… qualcuno che la memoria rende ancora più presente nonostante la sua assenza!
Talvolta basta un po’ di “misericordia” per mettere una pietra sopra a tante cose che ci fanno male, e permettere che possa essere occupato quel posto vuoto… perché ogni sedia vuota, oltre all’attesa di un ospite senza tetto o famiglia, il più delle volte ci dice anche che dietro c’è sempre una storia di dolore… mentre una silenziosa preghiera si leva, in questa notte particolare, perché quel posto venga occupato… che qualcuno “desiderato da tanto tempo” bussi alla porta e venga accolto nel suo posto ormai vuoto da tanto tempo.
Oggi più che mai, nel grigiore dei rapporti che viviamo quotidianamente, abbiamo bisogno di credere che la Luce tornerà, e che un leggero alito di vento aprirà la porta della nostra casa e, proprio in questa notte magica nella quale una ragazza ha dato alla luce un Bambino per la redenzione di ogni singolo uomo, quel posto vuoto sarà occupato da quella presenza che il nostro cuore più desidera…!