OGGI IN CALABRIA DUE RAGAZZI HANNO SCELTO LA MORTE: PERCHE’?

suicidio1“Un lunedì nero oggi in Calabria dove si sono registrati ben due suicidi da parte di giovanissimi. Nella tarda mattinata di oggi un diciottenne si è tolto la vita a Cosenza lanciandosi dal balcone di casa sua. È di poco fa, invece, la notizia che un ragazzo di 27 anni di Sinopoli (Reggio Calabria) si è suicidato. Il giovane si è tolto la vita sparandosi un colpo alla testa, in una casetta in campagna tra gli uliveti nel piccolo centro della Piana”.

Questa la fredda notizia che un giornale on-line ha riportato poche ore fa… e non è la prima volta che le cronache dei nostri giornali si occupano, purtroppo, di analoghi casi di suicidi di giovani: allo sgomento di una reazione immediata ed emotiva deve prendere il sopravvento una profonda, pur se dolorosa, riflessione sulle ragioni e sul perché di un tale destino. Il gesto di questi poveri ragazzi ci mette davanti alla nostra (e quando dico “nostra” voglio dire di tutti), indifferenza per il dramma che tante persone, in silenzio e senza nessuna parola di conforto, vivono senza che neppure ce ne accorgiamo, occupati come siamo in tante attività che poi, alla fine, non salvano il mondo e nemmeno noi stessi.

Suicidio-1Il mondo, talvolta non è padre, ma patrigno perché all’assetato non dà di che bere, e all’affamato non dà di che sfamarsi… soprattutto se è troppo giovane o troppo vecchio!

 

Agli esami di maturità, qualche anno addietro, è stata chiesta la riflessione dei ragazzi su un pensiero di Paul Nizan:

Avevo vent’anni e non permetterò a nessuno di dire che questa è l’età più bella della vita”.

Questa ultima tragica notizia di cronaca, me ne riporta alla mente un’altra, purtroppo strettamente collegata, pubblicata su “il Manifesto” alcuni anni addietro: “Milano. A ventuno anni Marco Riva, redattore del “Quotidiano dei lavoratori” si è tolta la vita, lasciandosi asfissiare dai gas della marmitta della sua auto. Un ritorno di fiamma ha poi incendiato la vettura. Marco aveva militato in Autonomia Operaia e si occupava al giornale di politica interna. Ha indirizzato questa lettera ai suoi familiari.

suicidi (3)Non vi chiedo perdono per quello che ho fatto. E’ stata una decisione meditata, una scelta precisa. La scelta dell’unica alternativa che mi restava ad una vita fatta ormai solo di angoscia e dolore. E’ troppo tardi, adesso, domandarsi perché. E sinceramente non mi sento di dare spiegazioni a nessuno. Quello che veramente mi rattrista è di avervi coinvolto direttamente in una scelta profondamente individuale e della quale, però, adesso anche voi pagate le conseguenze. Posso immaginare cosa significherà per voi ed è per questo che, se non è possibile la comprensione, vi chiedo almeno il rispetto per una scelta personale. Credo che ognuno abbia il diritto di disporre della propria vita. Esistono situazioni nelle quali è preferibile morire piuttosto che continuare con una esistenza che, a volte, può trasformarsi in un vero e proprio inferno. Io mi sono trovato a scontrarmi con una realtà troppo grande e troppo diversa dalla mia e ho deciso di non voler tirare avanti una situazione veramente insostenibile e senza prospettiva (e credo proprio sia stata quest’ultima verità a farmi decidere). Una sola cosa non voglio: essere giudicato. Nessuna persona che non abbia conosciuto fino in fondo la mia realtà o che non abbia vissuto almeno per un istante una situazione simile alla mia ne ha alcun diritto.

suicidi (6) Le sentenze ed i giudizi lasciateli agli ipocriti e agli stupidi. Avrei voluto vivere, amare, essere amato. Non è stato il rifiuto della vita, ma l’impossibilità di vivere, di vivere la mia vita, la mia realtà, a farmi scegliere la morte. Mi spiace darvi questo colpo, ma non ce la facevo veramente più. Al mio funerale vorrei tanta musica, e poi vorrei essere cremato. “Avevo vent’anni e non permetterò a nessuno di dire che questa è l’età più bella della vita” Mi piacerebbe che questa frase di Paul Nizan) fosse posta sulla mia tomba. Non piangete e pensate che questo è stato molto meglio di quello che avrebbe potuto offrimi questa vita. Marco”.

Cosa si può scrivere per commentare simili notizie, di fronte a storie di giovani che proprio nel momento in cui scelgono la morte non esitano a scrivere: “Avrei voluto vivere, amare, essere amato. Non è stato il rifiuto della vita, ma l’impossibilità di vivere, di vivere la mia vita, la mia realtà, a farmi scegliere la morte”.

Forse, dinanzi a storie come queste, passate o presenti, di vero esiste solo il doloroso umile riconoscimento della nostra nullità, della nostra fragilità… ed il silenzio: quel silenzio che non “giudica” ma che s’affaccia sugli abissi della nostra nullità e, umilmente, china la fronte… e niente altro!

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