SE PASOLINI OGGI POTESSE SCRIVERE SUL “PALAZZO”… E SULLE LUCCIOLE!

Se Pasolini, morto ormai da moltissimi anni, potesse leggere le dichiarazioni che si sprecano, sulla crisi che sta vivendo la politica italiana in questi giorni, sicuramente ripeterebbe, con maggiore forza, quanto già aveva scritto: “Ho l’Espresso in mano, come dicevo. Lo guardo e ne ricevo un’espressione sintetica: ‘Come è diversa da me questa gente che scrive delle stesse cose che interessano a me. Ma dov’è, dove vive?’. E’ un’idea inaspettata, una folgorazione, che mi mette davanti le parole anticipatrici e, credo, chiare: ‘Essa vive nel Palazzo’. Non c’è pagina, riga, parola in tutto l’Espresso (ma probabilmente anche in tutto Panorama, in tutto il Mondo, in tutti i quotidiani e settimanali dove non ci siano pagine dedicate alla cronaca), che non riguardi solo ed esclusivamente ciò che avviene ‘dentro il Palazzo’. Solo ciò che avviene ‘dentro il Palazzo’ pare degno di attenzione e interesse: tutto il resto è minutaglia, brulichio, informità, seconda qualità… E naturalmente, di quanto accade ‘dentro il Palazzo’, ciò che veramente importa è la vita dei più potenti, di coloro che stanno ai vertici. Essere ‘seri’ significa, pare, occuparsi di loro. Dei loro intrighi, delle loro alleanze, delle loro congiure, delle loro fortune; e, infine, anche, del loro modo di interpretare la realtà che sta ‘fuori dal Palazzo’: questa seccante realtà da cui infine tutto dipende, anche se è così poco elegante e, appunto, così poco ‘serio’ occuparsene“.

Ma, se Pasolini potesse, continuerebbe a ripetere anche oggi che in Italia “gli uomini che decidono la politica italiana, e in definitiva la nostra vita, non sanno nulla o fingono di non sapere nulla, di ciò che è radicalmente cambiato nel ‘potere’ che essi servono, praticamente detenendolo e gestendolo”; aveva ragione quando si chiedeva “cos’è più scandaloso: se la provocatoria ostilità dei potenti a restare al potere, o l’apocalittica passività del paese ad accettare la loro stessa fisica presenza (… quando il Potere ha osato ogni limite, non lo si può mutare, bisogna accettarlo così com’è)”; aveva ancora di più ragione quando scriveva che “uscendo fuori dal Palazzo, si ricade in un nuovo ‘dentro’: cioè dentro il penitenziario del consumismo.  I personaggi principali di questo penitenziario sono i giovani… I giovani che sono nati e si sono formati in questo periodo di falso progressismo e falsa tolleranza, stanno pagando questa falsità (il cinismo del nuovo potere che ha tutto distrutto) nel modo più atroce. Eccoli qui, intorno a me, con un’ironia imbecille negli occhi, un’aria stupidamente sazia, un teppismo offensivo e afasico, quando non un dolore e un’apprensività quasi da educande, con cui vivono la reale intolleranza di questi anni di tolleranza…“.

Quando Pasolini scriveva queste cose, in Italia ne seguiva una ridda di discussioni e tutti i “maitres a penser” finivano regolarmente per dargli del pazzo, del visionario. In effetti, le apparenze sembravano dargli torto. Dov’era, nell’Italia democratica, laica, progressista e moderna di quegli anni, quel “Mostro” che egli intravedeva all’orizzonte, quel “potere che manipola i corpi in modo orribile e che non ha nulla da invidiare alla manipolazione fatta da Hitler, perché li manipola trasformando la coscienza, cioè nel modo peggiore“.

Se Pasolini potesse, penso riproporrebbe oggi, con maggior vigore, lo storico “articolo delle lucciole”, sul vuoto di potere, che, ormai da tanto tempo affligge la nostra Nazione, perché si rivela, oggi più che mai, attuale e profetico. Le lucciole… già  le lucciole, Pasolini voleva Processare “il Palazzo” in nome delle lucciole.

Una decina di anni fa, direbbe ancora oggi Pasolini, è successo “qualcosa”: “Poiché sono uno scrittore e scrivo in polemica, o almeno discuto, mi si lasci dare una definizione di carattere poetico-letterario di quel fenomeno che è successo una decina di anni fa. Ciò servirà a semplificare e ad abbreviare il nostro discorso (e probabilmente anche a capirlo meglio). Da una decina di anni, a causa dell’inquinamento dell’aria sono cominciate a sparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante… le lucciole non ci sono più. Sono ora soltanto un ricordo, abbastanza straziante del passato…”.

Quindi quel “qualcosa” che è successo anche nella gestione del potere nei nostri paesi, non solo nella nostra Nazione, Pasolini lo definisce “la scomparsa delle lucciole”. Tuttavia egli non scrive solo per polemizzare su questo punto, benché questo gli stia molto a cuore… scrive per una ragione molto diversa: “Tutti i miei lettori si saranno certamente accorti del cambiamento degli uomini di potere: essi sono diventati delle maschere funebri. E’ vero: essi continuano a sfoderare radiosi sorrisi, di una sincerità incredibile. Nelle loro pupille si raggruma della vera, beata luce di buon umore. Quando non si tratti dell’ammiccante luce dell’arguzia e della furberia. Cosa che agli elettori piace, pare quanto la piena felicità. Inoltre, i nostri uomini di potere continuano imperterriti nei loro sproloqui incomprensibili: in cui galleggiano i flatus vocis delle solite promesse stereotipate. In realtà essi sono appunto delle maschere. Son certo che, a sollevare quelle maschere, non si troverebbe nemmeno un mucchio d’ossa o di cenere: ci sarebbe il nulla, il vuoto”.

Terribile questo sfrontato di un Pasolini ma, nella sua sfrontatezza, riesce a dare una spiegazione molto semplice alle cose che dice: “Oggi in realtà (anche nei nostri piccoli paesi aggiungo io!) c’è un drammatico vuoto di potere. Ma questo è il punto: non un vuoto di potere amministrativo, né un vuoto di potere politico in un qualsiasi senso tradizionale. Ma un vuoto di potere in sé”.

Pasolini continuava ad insistere nel ripetere che tutto questo si è verificato “specie negli ultimi dieci anni…”, perché a suo giudizio è successo proprio negli ultimi dieci anni che “le persone che hanno detenuto il potere, non hanno capito che si era, storicamente, esaurita la forma di potere che essi avevano servilmente servito negli anni precedenti (traendone peraltro tutti i possibili profitti) e che la nuova forma di potere non sapeva più (e non sa più) che cosa farsene di loro”.

La spiegazione di come, gli uomini di potere, sono giunti a questo “vuoto”, per Pasolini è molto semplice: “gli uomini di potere sono passati dalla “fase delle lucciole alla fase della scomparsa delle lucciole” senza accorgersene: non hanno sospettato minimamente che il potere, che essi detenevano e gestivano, non stava semplicemente subendo una normale evoluzione, ma stava cambiando radicalmente natura… si sono illusi che nel loro potere tutto sostanzialmente sarebbe rimasto uguale. Gli uomini di potere hanno subìto tutto questo, credendo di amministrare il potere”.

Le lucciole, il Palazzo, il processo al Palazzo… un Pasolini che a distanza di molti anni dalla sua morte interroga e fa ancora discutere per la sua ingombrante presenza… che oltre ad essere ingombrante,  è soprattutto scomoda, molto scomoda… per tutti!

Certo, le lucciole sono sparite… ma quanti sono quelli che, oggi, hanno una tale libertà dal potere, da poter sinceramente dichiarare, come diceva Pasolini: “Io, ancorché multinazionale, darei l’intera Montedison per una lucciola…”.

Ma queste oggi, purtroppo per noi, non passano neanche come belle parole…

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