MORIRE DA SOLI, SENZA UN SALUTO ED UNA CROCE

La Primavera

Sicuramente l’uscita di questo numero di Proposte, coinciderà con il periodo in cui si ricordano i morti… nel novembre del 1992 così ho iniziato un articolo pubblicato sulla rubrica “Osservatorio” che tenevo su Proposte… Un articolo crudo, che mette a nudo delle “solitudini” che il nostro tempo ha voluto scordare… ma sulle quali vale la pena riflettere, proprio nel momento in cui nei nostri paesi, chi si ritrova a vivere dei momenti difficili (nella malattia, nella miseria, nella vecchiaia, nella disperazione e nella morte) si ritrova sempre più solo…

 

In questo periodo, sono state tante le provocazioni che mi hanno portato a chiedermi: “Che società possiamo mai pensare di costruire se non ci decidiamo a ricollocare al centro della nostra vita il rispetto e l’attenzione per i nostri fratelli, quando questi si trovano nei momenti più difficili, cioè nella malattia, nella miseria, nella vecchiaia, nella disperazione e nella morte?”

Ma queste sono cose che il nostro tempo ha preferito scordare, ignorando che così facendo, si muore ben prima che la nostra vita fisica si chiuda. A queste riflessioni ci sono arrivato, spinto dalla lettura di un articolo di giornale che, quasi per intero, voglio riproporre: “Erano morti, suicidi, di solitudine e di vergogna. Nessun biglietto, nessun messaggio prima di lasciarsi asfissiare nel furgoncino assieme al loro cane. Avrebbero voluto uscire di scena senza dissuicidio1turbare i fratelli…, travolti da un dissesto aziendale di qualche decina di milioni, spiccioli nella stagione dei grandi bancarottieri, ma peso insostenibile per due piccole persone come loro. Per un’ironia della sorte, la loro storia ora ritorna sui giornali: i due poveretti tornano a fare notizia perché a quindici giorni dalla morte nessuno li vuole seppellire. I poliziotti ci misero poco a chiudere l’indagine, commentando: “Erano soli come cani!”. Possibile che un parente, un amico, un vecchio cliente non si faccia avanti per comporre quei poveri corpi in una cassa di legno e avviarla al camposanto?… La morte che, si dice, tutto cancella, non ha neppure scalfito la solitudine che sino alla fine ha avvolto l’esistenza dei due fratelli …, non ha acceso una scintilla di pietà, non ha fatto aprire una bocca per dire “Poveretti…”. I due fratelli erano due sconfitti dalla vita. Guai ai vinti dicevano i barbari oltraggiando il Campidoglio. Guai ai deboli, a chi si arrende, a chi rimane stritolato dall’ingranaggio… Guai ai due fratelli …, dunque, ed alla loro miseria e inconfessata ambizione di andarsene da questo mondo in maniera decente. Questo non accadrà, invece. Perché sarà indecente il modo in cui la comunità si farà carico dell’estrema incombenza della loro sepoltura. “Si procederà d’ufficio, a carico del Comune” spiegano all’obitorio. Vuol dire che una mattina di queste un carro nero si presenterà a prelevare i due corpi e frettolosamente come si fa per una consegna ritardata, per un pacco smarrito li deporrà dove c’è posto. Senza una corona, senza un fiore. Senza un saluto o un segno di croce. E tutto questo è abbastanza indecente…“.suicidi (3)

Ho voluto “provocare” con la cronaca sopra riportata, per rivolgere il pensiero ai nostri defunti… ma soprattutto per chiedermi cos’è la morte?… anzi, cosa sono i morti? Per poter guardare meglio alla vita… ed ai vivi!…

 

Articolo pubblicato su Proposte, novembre 1992

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