NEL GIORNO DELLA COMMEMORAZIONE DEI MORTI… PENSARE AL VALORE DELLA VITA

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Il 2 novembre di ogni anno si ricordano i morti. E’ strano vedere come proprio in questi giorni, giornali e tv, sempre pronti a parlare e scrivere di tutto, evitano di parlare proprio di questo “fatto”: la morte… questa “usanza” che, come diceva ironicamente Borges, prima o poi tutti dobbiamo rispettare.

Si cerca di evitare pure il pensiero della morte… perché guardare in faccia la morte impone di interrogarsi sul senso della vita e sul destino, cioè su Dio… mentre tutto il mondo intorno a noi è stato costruito sulla dimenticanza e sulla distrazione, ed è stato congegnato per censurare e dimenticare questa domanda “essenziale e fondamentale”.

Viviamo tutti come se non dovessimo mai morire, come se questa “spiacevole incombenza” riguardasse solo gli altri… come se non sapessimo che, da un momento all’altro noi, proprio noi, potremmo essere chiamati, improvvisamente, a rendere conto della nostra esistenza davanti a Colui che ce l’ha donata.

Lo storico francese Pierre Chaunu, tempo fa, scrisse: “Ci è capitata una curiosa avventura: avevamo dimenticato che si deve morire. E’ ciò che gli storici concluderanno dopo aver esaminato l’insieme delle fonti scritte della nostra epoca. Un’indagine sui circa centomila libri di saggistica usciti negli ultimi venti anni mostrerà che solo duecento affrontavano il problema della morte. Libri di medicina compresi”.

Tuttavia la morti-1e, che se ne frega dei libri di saggistica, testardamente continua a farci visita con una certa frequenza… irrompe fastidiosamente nelle nostre giornate: le notizie della morte di tanti nostri amici, ci colpisce peggio di uno schiaffo.

Quante volte siamo stati insieme a tanti familiari e amici… quante volte siamo stati seduti accanto in una panchina alla villa… in un gradino sulle scale della Chiesa… o seduti a fianco nella stessa Chiesa… in un tavolo al bar e, all’improvviso, succede l’irreparabile: come se un cecchino appostato chissà dove avesse mirato verso di noi colpendo il primo che capita a tiro.

Quante volte abbiamo dovuto constatare, tristemente, come la morte si fosse presentata, all’improvviso, mentre noi discutiamo insensatamente di maggioranza, minoranza, elezioni, di primarie, secondarie… tutte polemiche di uno stile e modalità di vita inutile e rabbiosa! E mentre noi perdiamo il senso della nostra vita, girando a vuoto intorno a discorsi che nulla hanno a che fare con ciò per cui vale la pena vivere, la morte si presenta nelle nostre case, da padrona, senza annunciarsi… come e quando vuole, in tempi per noi imprevedibili ed inaspettati!

Eppure, l’idea della morte che si presenta, senza annunciarsi, come un cecchino che miete ciecamente, non è, non può essere vera. Se lo fosse, saremmo tutti dei disperati… Tutti sospesi al filo tenue ed effimero del nostro battere del cuore.

Purtroppo, l’amara considerazione da fare è che siamo, tutti ed ovunque, sempre più impegnati nei nostri privati progetti. Abbiamo l’agenda piena di scadenze. Ci affanniamo ad inseguirle: il lavoro, le tasse, il mutuo, mutuo, le vacanze, le riunioni di vario genere e natura. Siamo del tutto assorbiti da questa tabella di marcia.

r-6Poi un giorno, imprevedibilmente, ci accorgiamo di un posto vuoto… in casa, in piazza, sul posto di lavoro, alla villa, per strada… e con un tuffo al cuore la morte ci riconduce e ci apre ad una verità su di noi: niente, e meno che mai la nostra vita, ci appartiene.

Come ha scritto tempo addietro Antonio Socci, a proposito di sua figlia Caterina mentre era in coma, “che il nostro cuore, quello dei nostri figli, batta, è una notizia. La più straordinaria. Quella di cui quasi mai ci accorgiamo. Quella di cui non scriviamo, sui giornali”.

Ecco, per quanto paradossale possa sembrare, in questi giorni, nel rivolgere il nostro pensiero ai nostri morti, proviamo a domandarci anche che cos’è la morte… può darsi che questo ci faccia assaporare meglio il valore della vita e ci faccia accorgere, veramente, che la più straordinaria delle notizie è che il nostro cuore batte e, anche se non ne teniamo in eccessivo conto, siamo vivi.

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