QUANDO IL SUONO DELLE CAMPANE SCANDIVA IL RITMO DELLE GIORNATE DEI NOSTRI PAESI
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Qualche mese addietro, prendendo spunto da un reportage realizzato dall’Architetto Francesco Papasidero sulla “Petràra”, un tunnel realizzato a Galatro verso la metà del 1800, costruito con muratura di mattoni e pietre (praticamente un canale a cielo aperto che raccoglieva tutte le acque piovane provenienti dalla parte alta del paese), ho scritto come “Ri-fotografare a distanza di anni il nostro territorio può essere un lavoro che aiuta a comprendere, in maniera chiara e immediata i cambiamenti che il tempo ha operato sul paesaggio e sull’ambiente del nostro paese, facendo emergere come un tale lavoro di “ri-fotografia” dei nostri luoghi ha la sua importanza perché consente delle riflessioni che, unite alla osservazione diretta del territorio, consentono una lettura più accurata dei processi territoriali e culturali di lungo respiro per permettere di leggere efficacemente i cambiamenti in un contesto territoriale come il nostro che, solo apparentemente, sembra essere rimasto “congelato” nel tempo.
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Dopo la pubblicazione del servizio sulla “Petràra” il carissimo amico Giuseppe Ocello mi ha scritto: “Grazie mille Michele carissimo. Bella iniziativa dell’amico Francesco. Ri-conoscere il proprio territorio e le sue trasformazioni nel tempo ci danno maggior senso di appartenenza oltre che riportare alla memoria luoghi e momenti di vita finiti nell’oblio. Questa iniziativa sulla Petrara mi ha fatto fare un veloce giro a ritroso nella memoria: a Saitta, u Stabilimentu, Grossu, a Carcara, u Gurnali, l’Officina, i Dui viali, u Conventu. Quanta spensieratezza e momenti felici trascorsi in compagnia degli amici in questi luoghi del nostro amato Galatro. Un abbraccio. Grazie ancora”.
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Ma, tra i luoghi della memoria finiti nell’oblio, Peppe Ocello non ha menzionato le campane e la sirena ed è sempre l’Architetto Papasidero che, in un suo commento ad una foto pubblicata su Facebook, ha scritto: “Quando le campane scandivano le giornate e facevano scattare l’allarme per i cittadini. GALATRO. Campane fisse collegate all’orologio e alla sirena della torre campanaria del Municipio di Galatro. Venivano fatte funzionare esternamente da due martelli elettrobattenti, che annunciavano l’orario con dei rintocchi, ogni quarto d’ora la campana piccola e ogni ora la campana grande; inoltre suonavano a distesa alle 08,00, a mezzogiorno e alle ore 13,00 o in caso di gravi eventi calamitosi”. Con poche parole l’Architetto Papasidero ha descritto come la vita quotidiana di tutti i paesi veniva regolata, nel corso dell’anno, dal levare del sole e dal calare delle tenebre: con la fine della notte e l’arrivo della luce, in qualsiasi paese, riprendevano i rumori, la gente si dirigeva verso i campi, suonavano le campane delle chiese; ed è proprio sul suono delle campane che i contadini aprivano e chiudevano poi la giornata lavorativa, quel suono che per secoli ha scandito il ritmo delle giornate della nostra gente.
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Le campane avevano un loro linguaggio, un suono antico messaggero dei momenti cruciali della vita del paese come per chiamare i fedeli alla Messa indicando loro quanto mancava all’inizio della celebrazione, ma non solo, perché il loro suono indicava anche la celebrazione di novene, funerali, battesimi e processioni: per mezzo del “tocco” si potevano intuire gli eventi occorsi, una sorta di divulgazione dell’accaduto all’intero paese. Fra le altre funzioni delle campane c’era il ”suono a martello” che non proviene da una pratica religiosa ma civile. Il “suono a martello” (come successivamente la sirena) aveva una durata lunghissima e avvisava che c’era qualche pericolo imminente dovuto a calamità come un incendio, crollo, smottamento e quindi era una esortazione agli uomini validi di lasciare il lavoro dei campi, o le case, e raggiungere velocemente la piazza del paese.Per quanto riguarda il suono indicante “mezzogiorno” sappiamo che questa era una pratica risalente al Medioevo ma non osservata da tutti e serviva, oltre alla pausa nel lavoro dei campi, a far recitare ai contadini l’Angelus Domini per ringraziare il Signore e la cui recita tre volte al giorno (mattina, mezzogiorno e sera) aveva lo scopo di far dire a tutti la preghiera allo stesso ritmo in cui , ancora oggi, la recitano i monaci nei conventi e nelle abbazie.
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Oggi nei nostri paesi l’uso delle campane è limitato, ma una usanza vecchia di secoli e profondamente sentita da tutti non può decadere così facilmente nell’oblio, tanto che quando le campane dei nostri campanili suonano a distesa per annunciare una festa o una importante celebrazione religiosa, il paese cambia aspetto e torna a vivere perché il suono delle campane è vita e un tutt’uno con la storia della comunità e dei suoi abitanti.