CARO MICHELE… LASCIA CHE PARROCO E VESCOVO CUOCIANO NEL LORO BRODO INUTILE

Carissimo Michele,

ho letto con calma il tuo articolo, la lunghissima lettera e vari post di Carmelina, Luigi e altri sulla vicenda del vescovo e del tuo parroco. Nel merito della questione non so nulla, non ho mai visto il tuo parroco e ho visto una volta sola il vescovo, con il quale ho anche polemizzato al tempo della vicenda processioni. Conoscendo te e tua moglie, sia pure a distanza spazio-temporale, penso tu abbia ragione da vendere.

E la vostra vicenda locale -credimi- è soltanto la spia di una situazione che direi senz’altro generale e nazionale, forse addirittura internazionale, cioè quella di una chiesa ridotta allo sbando, con sempre meno pastori e sempre più impiegati. Una chiesa che sta lentamente diventando una delle tante organizzazioni che esistono sul territorio, alla pari dei Rotary, dei club sportivi, delle bocciofile e così via.

Io e te siamo di una generazione che si è tuffata fra le braccia di una chiesa che era madre, tenera a volte, altre severa, ma sempre madre. Oggi purtroppo non è più così. Non voglio fare la parte di quello che dice che una volta andava tutto meglio. No, non sono passatista, dico invece che la chiesa di oggi si è trasformata, e non in meglio rispetto al passato, e non solo per via della spaventosa confusione dottrinale, o per le incredibili scelte sociopolitiche fatte dai vertici, ma anche e soprattutto perché abbiamo smesso di credere a Cristo, e se non c’è lui di mezzo, tutto il resto si può accomodare come a ognuno piace.

Mentre tu ti lamenti dell’operato del tuo parroco, sappi che a 50 metri dal colonnato di san Pietro tutte le sere c’è un arcivescovo che va a rimorchiare maschi stranieri, incurante perfino del fatto che le guardie svizzere abbiano segnalato la vicenda ai piani alti e che i giornali parlino di lui apertamente. Per non dire di tutto quel che accade -mi dicono buone fonti- in tanti paesi della piana fra affarismo, preti gay e pedofili (uno fu scoperto in flagrante dai carabinieri meno di un anno fa, e sembra fosse nel giro dei collaboratori del vescovo).

Perché ti dico tutte queste cose? Perché il tuo-vostro smarrimento galatrese è anche il mio smarrimento romano. E’ uno smarrimento esistenziale, spirituale, perfino fisico. Comprendo bene cosa voglia dire sentirsi ospiti a casa propria. E capisco bene pure cosa si prova a vedere che il potente di turno alla fine riesce a riunire attorno a sè i plaudenti e vocianti, tutti a indicarti col dito. Accade ovunque ed è il male della chiesa di oggi, dovrebbe essere più misericordiosa, viste le premesse parolaie, ma in quasi 60 anni non ne ho mai vista una meno misericordiosa, e non so come finiremo.

Ci sono autori cattolici ‘scomodi’ i cui libri non sono più venduti nelle cosiddette librerie cattoliche, che invece continuano a vendere i libri di autori che sulla chiesa e i cattolici in genere sparano balle gigantesche e menzogne enormi. E vorrei dirti che qui si tengono convegni sul ‘dialogo’ e altre cose di fede, al quale vengono invitati a parlare, e in certi casi pure pagati, personaggi che non entrano in una chiesa dal giorno del battesimo (il loro battesimo).

Condivido perciò la tua amarezza e disillusione, neanch’io vado quasi mai nella mia parrocchia. Ci vado solo per la messa, e nemmeno sempre, perché per via dei miei orari di lavoro spesso vado in altre chiese: mia moglie dice che siamo diventati pendolari, espressone scherzosa e colma di dolore, perché i cristiani senza comunità sono poca cosa, forse niente, soprattutto non vanno lontano.

Galatro è una realtà piccola, troppo piccola perché un dolore come il vostro possa restare confinato in quattro mura o quattro cuori. Perciò l’eco è forte, questo acuisce il dolore e un pò il senso di solitudine. Come ai bei tempi di cl, quando avevamo tutti contro, ma ci si difendeva alla grande. Anche ora abbiamo tutti contro, ma non sono sicuro che ci sia ancora cl, almeno quella combattiva e coraggiosa di tanti anni fa.

Resta perciò che le battaglie rischiano di prendere una deriva brutta, diventare quasi personali o personalistiche, e perciò inaridirsi, diventare sterili, è il rischio che ho corso io con mia moglie quando fummo cacciati, manu militari, da un viceparroco che non ci voleva come catechisti del dopocresima, qui a Roma. Furono giorni duri, di polemiche pubbliche, liti e discussioni, poi ci dicemmo che forse era un momento di prova e dovevamo accettarlo. La quiete della fede prese il sopravvento, l’animo mite emerse, nonostante la mia vis polemica sempre accesa.Siamo lo stesso cristiani (e peccatori) anche se abbiamo un viceparroco scadente, con un parroco distratto e senza essere più catechisti (peraltro amati dai ragazzi). Voi correte il rischio di personalizzare una vicenda che non è personale, di scivolare in una deriva di sterile polemica, come se ci fosse un braccio di ferro tra voi e lui.

Su questo dovete interrogarvi, così come sul rapporto con il vescovo. Si è mostrato di modesto spessore e porta sulle spalle alcuni guai di suoi sottoposti davvero pesanti. Non mi pare abbia la personalità per prendere in mano la situazione. Mi ha colpito, in un tuo scritto, quando lo racconti da solo in mezzo alla gente in non so quale occasione pubblica, nessuno che se lo fila, uno tra i tanti, come la nostra povera chiesa, una tra le tante organizzazioni cui dedicare il tempo libero. C’è chi fa volontariato, chi giardinaggio, chi sport e chi si occupa di cose di chiesa.

Perdona il sarcasmo, ma è questo l’abisso nel quale stiamo precipitando. Non mi hai chiesto un consiglio, ma se lo facessi ti direi di lasciar perdere tutto, e lasciare che parroco vescovo e parrocchiani leccaculo cuociano nel loro brodo inutile e senza sapore. Per non amareggiarti ulteriormente e per non disperdere le tue migliori energie, degne di altra causa.

Un giorno qualcuno ti chiederà scusa. Un abbraccio grande

f.g.

 

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