GALATRO E GALATRESI – UN ILLUSTRE FIGLIO DI GALATRO: PIERINO OCELLO – di Peppe Ocello

Caro Michele, è del tutto spontanea l’azione mnemonica indottami dal tuo pezzo facente parte della rubrica “Galatro e Galatresi” in cui parli di Mico Cicigna e del caro compianto Prof. Pierino Ocello. Ho dapprima esitato, e tanto, ritenendo di aver, io, ben poco da aggiungere di nuovo o d’importante su di un così alto personaggio. Ma oggi, mi son convinto che essendo un pensiero ricorrente e a me tanto caro, riguardante esclusivamente la sfera personale mia e del Defunto e la sua memoria, il renderlo noto anche ai tuoi lettori social, non arrecherebbe male od offesa ad alcuno. Di Mico Cicigna non posso dir nulla perché non l’ho conosciuto per ovvi motivi anagrafici.

Dell’illustre concittadino Professor Pierino Ocello e delle elevate capacità professionali, intellettuali e umane che lo hanno distinto quale apprezzato scrittore/poeta oltre che docente universitario e Dirigente Scolastico, si sono espressi fior di personaggi e critici qualificati. Per chi intendesse approfondire, invio all’autorevole quanto esauriente e competente profilo umano-professionale-sociale del Nostro, tracciato da un altro illustre galatrese scrittore (ben 29 libri)-giornalista/pubblicista-critico letterario tutt’oggi in attività anche quale pregiata firma per la Gazzetta del Sud: Il prof. Umberto Di Stilo che ricordo pubblicare fin dai tempi della sua corrispondenza con la testata La “TRIBUNA” il cui adesivo padroneggiava sul vetro della sua 600

A me qui, molto più semplicemente preme, avendolo conosciuto e avuto contatti diretti (pur se nel rapporto delle diverse età, io giovincello e lui padre di figli, alcuni miei coetanei), ricordarne la grande umanità e umiltà che lo caratterizzavano e che lo hanno fatto amare da quanti, l’hanno frequentato e vissuto. Ecco, la mia vuol esserne quindi, una semplice ma doverosa quanto affettuosa testimonianza. Quando dopo aver percorso (a piedi) l’intera via Garibaldi in direzione Piazza Matteotti, e giunto all’altezza del tabacchino di Mico Panetta notavo parcheggiata sul lato destro e in prossimità della fine della breve discesa la Fiat, credo 1100 o 1500 color celeste, immediatamente realizzavo il suo arrivo a Galatro, e, come in una proiezione di Power Point sfilavano veloci nella mia mente le immagini dei fugaci incontri precedenti: la sua espressione gioiosa ogni qualvolta tornava nel suo paesino natale era una costante; occhi vispi e scrutanti, sorriso aperto e benevolo mi mettevano subito a mio agio. Affabile ed elegante anche nei gesti più usuali, allungava la mano destra già a distanza accompagnando il gesto con la solita frase: “Ciao parente come stai, e i tuoi, tutto bene?”. E senza quasi attendere la mia risposta, accompagnava la stretta di mano, appoggiandomi l’altra sulla spalla, battendoci sopra delicatamente in un eloquente gesto di affetto e benevolenza.

Questa nostra reciproca conoscenza si rafforzò e crebbe nel tempo in occasione della messa in scena, nei locali della sacrestia della locale parrocchia San Nicola, della recita “Barabba” (che tu Michele ben conosci essendo stato organizzatore e preparatore assieme a Carmelino Di Matteo). Non che prima non mi salutasse con lo stesso affetto, d’altronde lo faceva con tutti, giovani, adulti e anziani; era cordiale di natura, umile e gentile. Ma essa si cimentò compiutamente da quando, sinceramente colpito dal mio ruolo di “lettore fuori campo” nella recita cui aveva appena assistito, si avvicinò per complimentarsi e dirmi: “Sei stato bravo parente, hai una bella voce, dizione chiara, buon rispetto della punteggiatura e dei tempi. Se vuoi, ti porto con me a Roma. Ti iscrivo a una scuola per doppiatori”.Lo ringraziai e presi tempo. Poi non se ne fece nulla per vari motivi, di certo non dipendenti da lui, anzi tutt’altro, me lo ripeté più di una volta ancora nei suoi periodici rientri dalla capitale.La spontanea e immediata disponibilità e vicinanza alle difficoltà di chiunque, la cordialità e il rispetto senza distinzioni di classe sociale, genere o età, l’attaccamento al piccolo paesello delle sue origini e soprattutto l’affetto e il rispetto profuso indistintamente a tutti i paesani, lo rendono ancora oggi nei miei ricordi, prima ancora che uomo di grande intelligenza e cultura, UN GRANDE UOMO, un grande Galatrese.

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