450 COPIE SULL’ABATE MARTINO: NÉ PER FAMA, NÉ PER SOLDI. SOLO PER AMORE, PER AMORE ALLA NOSTRA TERRA E ALLA NOSTRA STORIA

L’8 giugno scorso è stata la data del 200° anniversario della nascita dell’Abate Antonino Martino, ed io in questa circostanza ho cercato di capire come mai Galatro ha completamente dimenticato questo anniversario! L’Abate Martino è stato un gigante, uno dei pilastri della cultura galatrese: Galatro è conosciuto come il paese di Martino e di Conia, un omaggio che il nostro paese non ha ricambiato.

Nel giorno della ricorrenza ho voluto scrivere come “nel mio piccolo, a modo mio, ho cercato di ricordare l’Abate Martino in questo anniversario: in modo “artigianale e spartano” (in tanti mi hanno scritto che proprio in questa artigianalità sta il “valore aggiunto” del libro) ho messo insieme dei miei vecchi scritti sull’abate Martino, pubblicati nel corso degli anni, ed ho dato vita ad una piccola antologia, con la speranza che chi leggerà questa mia “fatica”, perdonerà le tante imperfezioni, frutto dei tempi ristretti e dei pochissimi mezzi che ho avuto a disposizione per la stampa”.

Ora, a distanza di quasi 6 mesi, posso dire di avere distribuito oltre 450 copie della mia pubblicazione sull’abate Martino, con dei riscontri molto lusinghieri, soprattutto da chi non sapeva neanche l’esistenza del nostro Abate: volendo posso dare vita ad un’altra pubblicazione solo con i commenti, e ringraziamenti, ricevuti. Per tanti è stata una bellissima scoperta e ne sono rimasti affascinati. Una cara amica mi ha scritto un pensiero commovente: “Ti ringrazio per avermi fatto conoscere e amare Galatro, il suo ambiente, la sua storia, senza esserci mai stata”.

Tra i tanti riscontri, un episodio mi piace raccontare: una sera in una pizzeria ho notato un giovane galatrese che mi osservava sbirciando il suo telefonino. Mi sono avvicinato e ho visto che aveva memorizzate le foto del mio scritto sull’abate Martino. Mi ha guardato e mi ha detto: “Ho visto questo libro, mi è piaciuto e ho fatto le foto con il telefonino e, piano piano, lo leggerò tutto”. Questo fatto mi ha, piacevolmente, commosso. La mattina dopo sono andato a casa sua e gli ho portato una copia del libro.

Sono anche convinto che avere distribuito oltre 450 copie della mia pubblicazione sull’abate Martino, non è stata una cosa di poco conto e, pensando al lavoro fatto (senza chiedere niente a nessuno!) non c’è altra parola che mi viene in mente se non la parola “gratuità”. Forse non c’è parola più carica di ambiguità di questo termine. Cosa vuol dire “gratis”? Significa che tieni un comportamento senza chiedere un corrispettivo. Un gesto gratuito, un atto gratuito, un’offesa gratuita, cosa vuol dire? Significa “senza una motivazione ragionevole”. Ma gratuità significa anche un’altra cosa: c’è un passo nel vangelo di Matteo che racconta il momento in cui Gesù ha mandato gli apostoli nel mondo; la frase dice: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Partendo da questo rigo del vangelo di Matteo, possiamo riflettere su cosa sia la gratuità: essa è la caratteristica di un atto che non ha un corrispettivo fuori di sé, un prezzo fuori di sé, ma il cui valore si spiega in sé perché è giusto farla. Faccio questa cosa perché ci credo e non perché devo avere qualcosa in cambio. La gratuità ha un’eccedenza di valore, è un atto gratuito che va al di là dell’atto stesso e nel porre un confine al mercato, ci fa dire: “Questa cosa la facciamo non perché incasso un prezzo conveniente, ma perché ci credo”. Con questo spirito ho realizzato il mio libro sull’abate Antonio Martino.

Questo 2018 ormai trascorso per Galatro doveva rappresentare l’anno di un anniversario significativo, ma nel paese che ha visto nascere questo suo illustre figlio, ha avuto la meglio il silenzio e, ormai, non c’è più tempo per rimediare a questa imperdonabile dimenticanza! Anche per questo sono contento di questo mio lavoro su Martino: l’ho fatto non perché c’era da guadagnare qualcosa, ma perché credo nel valore di trasmettere la conoscenza di un personaggio che mi è stato sempre a cuore… e credo anche che il valore della mia piccola fatica sia andato molto al di là delle 450 copie distribuite, delle quali più della metà fuori dai nostri confini paesani.

Per quanto mi riguarda, più di quello che ho fatto non potevo fare. Bisogna avere il coraggio di tentare di rompere l’indifferenza dell’andazzo nel quale stagnano da tanto tempo tante nostre realtà. Bisogna avere il coraggio di far sì che, attraverso la lettura, e la scoperta, di nostri antenati così luminosi si può tentare di risvegliare il desiderio di un fantastico viaggio nella memoria di ciò che è stato il nostro piccolo, ma grande, natio borgo.

Il nostro ambiente ogni mattino ci apparirà più abitabile, se abbiamo la speranza di trovare dei compagni di strada che, nonostante la quotidiana fatica, sono al lavoro, come dei splendidi folli che non si mettono ad aspettare condizioni improbabili per rendere più bella la nostra terra, ma vivono (spesso sfidando critiche e incomprensioni) una immediata fatica col proposito di cambiare almeno un frammento del nostro ambiente. Leggevo tempo addietro un pensiero bellissimo: “Se molti uomini di poco conto… in molti posti di poco conto, facessero delle cose di poco conto, la faccia della terra potrebbe cambiare”.

La nostra terra, ed il mondo intero, non morirà finché ci sarà gente che terrà vivo questo fermento, perché il segreto per cambiare il corso delle cose, anche nel nostro piccolo paese, resta sempre uno: non risparmiarsi nel portare avanti ciò in cui si crede, non abbattersi nelle difficoltà e nella fatica e… crederci nonostante tutto!

Speriamo che, se la memoria delle nostre radici non sarà stata cancellata del tutto, qualcuno provvederà a ricordare l’abate Martino per l’anniversario del 300° anno dalla nascita!

Noi, sicuramente, non ci saremo, ma per chi ci sarà… sicuramente sarà bellissimo!

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