PER IL XVI° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI DON AGOSTINO GIOVINAZZO (18 MAGGIO 2018)

Il primo ricordo è di una Fiat 128 blu parcheggiata davanti la chiesa di san Nicola a Galatro, in una serata dell’ottobre del 1974. In Chiesa erano appena entrati don Gildo Albanese e don Agostino Giovinazzo (Tullio per i suoi amici di infanzia e di seminario). Il primo parrocchiano che andò incontro a don Agostino, senza nemmeno sapere chi era, fu Totò Sorrentino che allora provvedeva da solo a tutte le necessità che c’erano in parrocchia. Don Gildo si avvicina a Totò e dice: “Tullio, qui c’è Totò. Tutto quello che hai bisogno chiedi a lui”.

Questa è stata la cerimonia della “presa di possesso” della Parrocchia di san Nicola, da parte di don Agostino. In seguito Totò Sorrentino ha avuto modo di ricordare come la sua prima messa, da parroco, don Agostino l’ha celebrata nel suo “stile”, nella maniera più semplice, senza la presenza di nessuna autorità e senza nessun “festeggiamento”.

In maniera sobria quanto essenziale don Agostino si preparò da solo in sacrestia e andò a celebrare la sua prima messa, neanche nella magnificenza della nostra bella Chiesa ma “nell’asilo” (la saletta attaccata alla Chiesa): in quel periodo la Chiesa di san Nicola era chiusa perché pericolante, e le celebrazioni venivano fatte nella piccola saletta adiacente o alla chiesetta del Carmine.

Con il passare del tempo iniziarono i lavori di sistemazione della Chiesa, aumentava il numero dei fedeli disponibili a lavorare per la Chiesa e… la Fiat 128 blu era sempre piena di bambini che don Agostino portava al mare, in montagna o, semplicemente, a mangiare una pizza o un gelato. Sono stati anni straordinari, di intenso lavoro pastorale portato avanti con impegno, serietà sacrifici e fede.

Don Agostino Giovinazzo, originario di Cittanova, è stato ordinato sacerdote l’8 dicembre del 1971 da Mons. Vincenzo De Chiara, vescovo di Mileto, ed è stato mandato a Galatro nell’ottobre del 1974, a sostituire il compianto don Rocco Distilo. Uomo di profonda cultura, oltre che Parroco di Galatro, è stato docente all’Istituto Superiore di Teologia di Palmi, nonché collaboratore della Cancelleria Vescovile della Diocesi di Oppido-Palmi, dove si è fatto apprezzare per le sue grandi doti intellettuali ed umane.

In uno dei suoi tanti ricordi di don Agostino, ha raccontato don Gildo Albanese: “Gli telefonai una sera dicendogli: Il vescovo ti chiama come docente di S. Scrittura all’Istituto”. Ho scoperto la sua profonda umiltà e spirito di ubbidienza. “Proprio me? … ma se il vescovo mi chiama, io ubbidisco subito”. Quando il Vescovo me lo propone come collaboratore in Cancelleria. Gli telefono e ancora una volta mi sorprende per la sua docile ubbidienza e per l’umiltà: “Io non so fare niente, ma al vescovo debbo ubbidire e imparerò”. Ma la sua semplicità si è manifestata un giorno quando il vescovo, che è solito mettere nella sala d’attesa del suo studio un vassoio di caramelle, mette le caramelle che piacevano a don Agostino. Mi dice: “Sai il vescovo mi vuole bene, mi disse che ha fatto comprare le caramelle che mi piacciono”.

E’ nella semplicità delle piccole cose che si vede la grandezza di un uomo… e don Agostino, in silenzio, è stato sempre vicino a tante persone. Durante la sua malattia è stato scritto che il vero don Agostino lo abbiamo conosciuto nel corso della malattia, ma don Agostino ha saputo veramente amare tutti sempre, non solo nella malattia.

Ricordo quando per il funerale di due anziane signore, umili e povere, ci siamo accorti che ha acceso tutte le luci della Chiesa. E’ stato un suo modo di esaltare veramente gli “ultimi”, in quell’abbraccio nel quale tutte le differenze cadono davanti al nostro Dio. E non posso mai dimenticare quante volte mi ha raccontato, con le lacrime agli occhi, di due giovani che una sera si sono presentati da soli, con due testimoni, alla Chiesa del Carmine per essere uniti in matrimonio. Anche in questo caso mi ha detto che niente lo aveva colpito come quella semplice cerimonia: “Il matrimonio più semplice e più bello che ho avuto la fortuna di celebrare” mi ha sempre detto.

Questo era don Agostino, anche se nel pieno della sua adolescenza un avvenimento tristissimo lo segnò per tutta la vita, la morte della sua mamma. Un evento che forse lo fece chiudere in se stesso, facendolo apparire come uomo di poche relazioni umane, ma non era così nel suo cuore; ciò che non appariva lo serbava nel suo cuore, e non perdeva occasione di rivolgere un pensiero benevolo verso il Vescovo, e di chiedere ai suoi parrocchiani di pregare per lui, anche prima della malattia, come nel giorno del suo venticinquesimo anniversario di sacerdozio, ha manifestato con semplicità ed umiltà, il profondo attaccamento al popolo di Galatro che gli era stato affidato: “Un pensiero a Mons. De Chiara che mi ha elevato alla dignità sacerdotale… una cara persona che per me ha avuto atteggiamenti paterni… la domanda più ricorrente di questi giorni è: sono stato all’altezza del compito affidatomi? Ho fatto quanto era in mio dovere fare? Potevo fare meglio e invece non l’ho fatto? Spero che i miei superiori ed il popolo di Galatro, dove ho vissuto la maggior parte dei miei anni, siano benevoli nel giudizio… Ognuno di noi avrà motivo, dentro di sé, per dire grazie a Dio ed io ho un motivo in più per dire grazie anche a voi tutti che questa sera mi onorate in tal modo: Vi dico di tutto cuore grazie e vi chiedo perdono dei miei errori. Pregate il Signore per me”.

Poi, improvvisamente, la malattia e sedici anni addietro, sabato 18 maggio 2002, un lungo rintocco di campane, nella mattinata, ha annunciato ai galatresi che le loro preghiere non erano state esaudite: il Signore aveva stabilito diversamente e aveva chiamato a se don Agostino, parroco di Galatro per circa 28 anni.

La salma di don Agostino arrivò a Galatro, da Verona, nel tardo pomeriggio di martedì 22 maggio. La veglia funebre è stata predisposta nella chiesa della Madonna della Montagna, da dove, mercoledì mattina, in corteo, la salma è stata trasferita nella Chiesa di san Nicola e nel pomeriggio è stato celebrato il rito funebre.

Da quel giorno, nonostante siano passati 16 anni, Galatro ancora custodisce tanti, tantissimi, ricordi di don Agostino, dai quali, ancora oggi, si trae motivo di attonita commozione: per la sua intelligenza fortemente intuitiva, per il suo animo di una mitezza e di una semplicità e riservatezza sorprendenti e, soprattutto, per il suo grande cuore, un cuore candido, perfino ingenuo come quello di un bambino, un cuore generoso… il cuore di un autentico pastore.

Dal Calvario della sua malattia don Agostino, da Verona, ho rivolto il suo sguardo ai galatresi e le parole indirizzate al Sindaco, testimoniano una grande sensibilità e una riconoscenza particolare che è stata dimostrata anche verso il Vescovo della Diocesi, Mons. Luciano Bux: “Carissimi amici ed amiche, dopo 28 anni purtroppo non sono con voi a celebrare le gioie della Pasqua. Se il corpo però mi tiene lontano, i miei occhi vi vedono tutti indistintamente. Vedo il coro delle ragazze che tremano ansiose per l’esito dei canti, vedo il gruppo dei Lettori guidati da Suor Tommasina, vedo in prima fila le persone che vogliono seguire con maggiore attenzione la funzione liturgica, vedo la Cappella del SS.mo artisticamente addobbata dalla nostra Maestra fioriera, vedo anche i giovani in fondo alla Chiesa che parlano e scherzano con il braciere: siete tutti davanti a me, non mi sfugge nessuno dagli occhi, vi vedo uno a uno: siete la famiglia di Dio, e se permettete anche la mia famiglia…

Egr. Sig. Sindaco Giovanni Papa, La ringrazio vivamente per aver presenziato il Giovedì Santo le funzioni parrocchiali insieme alla comunità ed al Vescovo. Estenda i più vivi complimenti a tutto il Consiglio Comunale ed alla Giunta, nonché al Corpo dei Vigili Urbani per essere stati presenti ad una giornata che per la storia di Galatro deve essere annoverata tra le più belle e importanti: mai, a memoria di uomo, si è visto un Vescovo che in uno dei giorni più solenni della liturgia cattolica abbia lasciato la Diocesi per recarsi in una parrocchia a sostituire il parroco malato. Avrebbe potuto benissimo mandare un semplice sostituto; invece con un gesto di nobiltà d’animo verso di me e verso Galatro è stato lui stesso a celebrare la liturgia del Giovedì Santo. E Galatro ne deve essere orgogliosa, ricordandolo con gratitudine.

Ma sopra la firma della lettera mandata per il Giovedì Santo, don Agostino lascia una testimonianza viva di una eccezionale esperienza umana, religiosa, educativa. In quelle poche righe si percepisce lo sguardo del vero pastore che, mentre guarda la sua gente, si illumina di tenerezza… e offre le sue sofferenze pregando Dio che ci dia la fede per capire il sottile tratto del suo misterioso disegno sulla nostra vita: “Quando tornerò, vi ringrazierò uno per uno con tutto l’affetto possibile che non potrà mai essere uguale al sostegno fisico e morale che mi avete dato. Se torno guarito, la maggior parte del merito l’avete voi che mi avete sostenuto prima con le vostre preghiere e poi con affetto e stima: sono stati una meravigliosa sorpresa, non sapevo di avere tanti amici così sinceri e vi chiedo perciò scusa se non me ne sono accorto prima. Saluti di cuore, don Agostino”.

Articolo pubblicato sul sito della Parrocchia di Galatro e sul sito della Diocesi di Oppido-Palmi a maggio del 2018, nel 16° anniversario della morte di don Agostino. Lo riprendo oggi 8 dicembre del 2018, nel 47° anniversario dell’ordinazione sacerdotale di don Agostino.

Vedi anche: https://www.michelescozzarra.it/lettere-don-agostino-giovinazzo-ai-galatresi/

 

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