NON POSSIAMO STARE ZITTI MENTRE ALFIE EVANS VIENE CONDANNATO A MORTE

Il dramma che si sta consumando in Inghilterra in queste ore, con la condanna a morte del piccolo Alfie Evans, ha riacceso le polveri sulla questione di chi può decidere quando è il momento di porre fine alla vita.

Alfie è più forte di quello che i medici inglesi pensavano: «Continua a respirare da oltre 9 ore dopo il distacco dal ventilatore», ha scritto il padre del piccolo ricoverato nell’ospedale pediatrico di Liverpool e al centro di una dura battaglia legale tra i genitori che lo vorrebbero salvare e portare in Italia, al Bambin Gesù oppure al Gaslini di Genova.

I genitori hanno pubblicato una foto su Instagram che ritrae il piccolo con il capo sulla spalla della madre nella stanza d’ospedale dove ieri sera alle 22, ora inglese, i medici gli avevano staccato la spina, dopo averlo sedato, aspettando che giungesse la morte del bambino. Poi, quattro ore più tardi, è arrivato l’aggiornamento della mamma Kate James: «Ad Alfie è stato assicurato l’ossigeno e l’acqua! È sorprendente. Non importa cosa accadrà, ha già dimostrato che i medici si sbagliano». «Dicevano che stava soffrendo e invece non soffre anche senza respiratore», ha detto ancora il padre, aggiungendo che il bimbo non ha avuto neppure acqua o cibo «per sei ore», ma poi è stato idratato dai sanitari.

Bisogna dire che Alfie Evans ora è a tutti gli effetti cittadino italiano. Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Interno Marco Minniti, ha ratificato quanto annunciato dal governo nelle scorse ore, deliberando il conferimento della cittadinanza al piccolo “in considerazione dell’eccezionale interesse per la comunità nazionale ad assicurare al minore ulteriori sviluppi terapeutici, nella tutela di preminenti valori umanitari che, nel caso di specie, attengono alla salvaguardia della salute”.

Ma la decisione non sembra aver influenzato il giudice dell’Alta Corte britannica Anthony Hayden. Il magistrato, lo stesso che aveva autorizzato il distacco delle macchine al piccolo, aveva convocato una nuova udienza con tutte le parti coinvolte, a Manchester. I genitori di Alfie hanno rilanciato la richiesta di trasferimento del loro bambino presso un ospedale italiano, ma il giudice Hayden non ha fatto nessuna apertura in questo senso: anzi, ha confermato il ‘no’ al trasferimento del piccolo in Italia, chiudendo l’udienza di oggi come “l’ultimo capitolo nella storia di questo straordinario bambino”. Un verdetto che non apre spiragli neppure alla richiesta del legale dei genitori di riesaminare l’opzione italiana fra un paio di giorni nel caso in cui i medici di Liverpool non consentano a papà Tom e mamma Kate di riportare almeno il bambino a casa: come lo stesso giudice ha chiesto loro di valutare, seppure senza obblighi.

Pier Paolo Pasolini, sul Corriere della Sera del 19 gennaio 1975, scriveva: “Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio… Che la vita sia sacra è ovvio: è un principio più forte ancora di ogni principio della democrazia ed è inutile ripeterlo”.

Già, anche in questo si stanno avverando le profezie di Pasolini: siamo arrivati alla legalizzazione dell’omicidio. E ritengo che non a caso, il mondo in questi giorni è indotto o costretto a meditare sul valore della vita da un bambino che geme, contro chi non gli vuole concedere più respiro, luce e vita. Anche dopo che gli hanno staccato il ventilatore, a vincere non è stata la morte, anche se dai giudici inglesi è arrivato un “no”, quando tutti non volevano altro che esplodesse un “sì alla vita”, un sì gridato e sospirato, ma un sì di salvezza!

Che ad indurci e costringerci a riflessioni così estreme sia un bambino che sta morendo per grettezza e disumanità… può essere un ‘segno’ per la nostra società, demenzialmente ed indifferentemente adulta, se vuol essere, non più luogo di morte, ma luogo di vita.

Da più parti, in questi giorni si sentono dei “pareri” sulla vita? Ma il parere della vita è la vita; è lei l’unica vera terribile giudicante. Sempre, ma mai come in questo momento, l’avesse o non l’avesse detto la Chiesa e il Vaticano, il supremo diritto di quanto si è formato e di quanto non c’era ed è cominciato, va difeso; pena discutere su idiozie come società, libertà, benessere. Li abbiamo visti cosa sono diventati dove, avulsi da quel sacro diritto ad esistere che sempre e mai nessuno ha difeso come il popolo, li abbiamo visti come sono diventati quei supposti valori.

Il mio non è un parere sulla vita. Che diritto avrei di pronunciarlo più o meno degli altri? Il mio vorrebbe essere, per come posso, l’impegno, qui, a costringere il mondo e i potenti, di qualunque partito, di qualunque idea e di qualunque Chiesa siano, a non scherzare più con la vita, con l’essere; anche quello che nasce nei luoghi del martirio, forse già malato; ma che proprio per questo grida ancora per sé e per tutti il diritto della vita a essere, lei sola, il proprio parere, lei sola il proprio giudizio.

Ma… lo ripeto ancora e poi ancora… visto il silenzio che vedo su Alfie in tante bacheche “cattoliche, apostoliche e romane”: “I sistemi sanitario e giudiziario britannici, neoidoli dell’Occidente dimentico, sono in ritirata per merito di un bambino che si ostina a respirare… e bisogna dire ai responsabili: non uccidete, convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!

E in quel momento ognuno dovrà rendere conto delle proprie malefatte!

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